Banana Yoshimoto a Milano: i miei libri? sono le “registrazioni” dei sentimenti umani

intervista Banana Yoshimoto
intervista a banana yoshimoto

L’occasione per conoscere Banana Yoshimoto è data dalla chiusura della rassegna culturale della Milanesiana 2007, tenutasi sabato 7 luglio nella Sala Dino Buzzati della Fondazione del Corriere della Sera a Milano. La scrittrice giapponese è ospite d’onore nella tavola rotonda intitolata “Donne e potere”, un tema per cui, nell’invito rivolto alla Yoshimoto, si è voluto certamente tracciare un sottile riferimento ai personaggi femminili dei suoi romanzi, così carichi di spessore, pieni di sentimento e d’ emozione, pilastro portanti di una narrativa, in cui sono proprio le donne a rinascere vittoriose dalle sconfitte di tutti i giorni, dai lutti e dai dolori, nella loro quotidiana naturalezza e apparente semplicità.

Corriere Asia ha cercato così d’interpretare per voi la personalità della scrittrice, filtrata nella lunga conversazione di Banana con i suoi lettori, e inserendosi fra le decine di domande che hanno sommerso l’amatissima scrittrice. In particolar modo abbiamo voluto avvicinare Banana ad un’argomentazione molto cara per il vasto pubblico di giovani ammiratori: la narrativa della scrittrice giapponese e la sua correlazione al mondo del manga, un rapporto simbiotico che fa dei libri di Banana un vero e proprio “manga di parole”.

Ciò che capiamo da subito, rifacendosi al tema dell’incontro, è che Banana non è di certo una donna di potere, come invece verrebbe naturale immaginare per una personalità letteraria che ha venduto milioni e milioni di libri in Giappone e all’estero, elogiata dalla critica italiana e soprattutto amata da uno sconfinato pubblico giovanile. Invece non avvertiamo nessun fascino da femme fatale, nessun esibizionismo da grande intellettuale, ma la pacata conversazione di una donna di mezza età, con figlio a seguito, animata, nella sua curiosità creativa, dalla volontà di comunicare attraverso i suoi libri le emozioni di tutti i giorni, la semplicità e nello stesso tempo l’astrusità delle relazioni umane.

P.C.: Grazie di essere ritornata in Italia, so che è sempre felice di rivedere i suoi lettori italiani, molto diversi da quelli giapponesi per curiosità e trasporto dalle storie che narrano i suoi libri.

B.Y.: Sono sempre felice di far ritorno qui anche se spesso non so rispondere a tutto quello che mi chiedono…

P.C.: Sarò breve perché so che non mi è permesso trattenerla a lungo. Facendo riferimento alla sua produzione, saprà quanto l’atmosfera da manga che pervade i suoi romanzi arriva a catturare la sensibilità di moltissimi giovani lettori e affascini per la sua leggerezza anche i meno giovani.

B.Y.: Certo, ultimamente da quando ho avuto mio figlio, mi sono avvicinata moltissimo alla lettura dei manga e non posso che trarre spunto da questo immenso panorama artistico che per molti aspetti forma il background culturale e comunicativo di noi giapponesi.

P.C.: Come ben saprà in Italia il fumetto giapponese rappresenta oggi un vero e proprio fenomeno. Sono moltissimi i lettori che rimangono catturati dalle sue storie e alimentano il desiderio di andare in Giappone a studiare e tentare la sfida per diventare un giorno mangaka (disegnatori di fumetti).

B.Y.: Conosco bene lo stimolo di cui mi parla…

P.C.: Difatti se non sbaglio, anche nella sua famiglia il genio creativo ha trovato espressione in forme differenti di comunicazione artistica; sua madre poetessa e scrittrice di haiku, suo padre intellettuale e scrittore famoso in tutto il Giappone e apprezzato dai maggiori circoli letterari e sua sorella maggiore appunto mangaka professionista. Ha qualche consiglio da offrire ai giovani lettori italiani nel coltivare il loro sogno?

B.Y.: Ci tengo a dire che essere mangaka non è solo attestazione di sensibilità artistica o di attitudine all’espressione attraverso immagini e disegni. In Giappone i manga sono vere e proprie opere d’arte che rispecchiano la grande profondità culturale dei propri creatori e ovviamente come ogni artista, la loro visione del mondo, in una prospettiva più o meno avventurosa e secondo intrecci differenti.Quello che posso consigliare perciò è di leggere molto, ma non solo manga. Per crescere nello spirito creativo e nella sensibilizzazione del proprio sguardo bisogna accostarsi alla lettura di grandi geni letterari. Penso ad esempio a Kawabata Yasunari per citarne uno. Non si può essere mangaka senza un arricchimento continuo del proprio bagaglio di conoscenza e questo è ancora più vincolante per uno straniero che voglia avvicinarsi ad una produzione artistica così specificatamente giapponese come lo sono i manga.

P.C.: Kawabata Yasunari per la letteratura e per quanto concerne il panorama del manga?

B.Y.: Senza dubbio il grande Osamu Tezuka. La sua opera completa circola in un ottantina di volumetti facilmente reperibili in Giappone. Rimane un must per chiunque voglia abbracciare un percorso professionale in questo mondo.

P.C.: Lasciarsi suggestionare da Kitchen o dai suoi grandi successi, perciò, non basta. Oltre alla sensibilità ci vuole tecnica, studio, ampiezza di conoscenze e grande competenza in fatto di Giappone, o per meglio dire, del suo percorso artistico ed espressivo.

B.Y.: Sicuramente sì. Sono sincera quando dico che non ho mai inserito l’Italia nei miei libri, anche se qui sto bene e ci torno spessissimo, proprio perché comunque non conosco l’Italia nella sua tradizione letteraria.

P.C.: Nessuna preferenza sul panorama letterario nostrano?

B.Y.: Purtroppo nessuna. In Giappone abbiamo pochissime traduzioni di opere di scrittori italiani. Non leggo autori italiani, non ho la minima idea di chi scrive né di cosa. Anche se nel mio ultimo libro che forse potrete leggere presto e che avrà come titolo “Io e Chie”, ho voluto inserire un breve episodio italiano, ma senza soffermarmi troppo sulle emozioni… non sono così consapevole di saperlo fare…

E la limpida ammissione di Banana non suona di certo ai miei orecchi come segno di pressappochismo o di menefreghismo culturale. Ma mi riporta a riflettere sulla grande verità ripetuta dall’autrice nel corso della conversazione: “il mio scrivere è come un riavvolgere un nastro di una registrazione in cui sono incisi i sentimenti che animano la vita quotidiana a cui tutti apparteniamo. Una serie d’ emozioni assolutamente umane e a volte molto comuni ma che tutti, presi dal lavoro, dal ritmo quotidiano delle relazioni professionali ed interpersonali, smettono di avvertire come centrali nella propria percezione. Ebbene i miei libri sono solo un riascoltare queste registrazioni che in realtà sono di tutti… io vi interrogo nella vita di sempre, mi interrogo su ciò che vivo e trovo risposte che sarebbero di chiunque e le faccio mie, di una canzone che poi vi faccio riascoltare in quell’insieme di suoni che molti definiscono capolavoro letterario”.

Nessuna autobiografia perciò, ma solo l’accesa curiosità di osservare, ma soprattutto, raccontare lo straordinario spettro emotivo dell’essere umano, con i suoi limiti, ma soprattutto con i suoi sogni, vero motore di ogni agire.

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