A livello mondiale, il valore delle transazioni regolate in RMB, tra gennaio 2012 e gennaio 2013 è aumentato del 171%. Solamente nel gennaio 2013 lo yuan ha registrato un aumento di utilizzo del 24%, contro una media del 13% di tutte le altre valute, toccando così il massimo storico nella circolazione sul mercato valutario. Nel medesimo periodo di riferimento, a Singapore, i pagamenti in RMB sono cresciuti su base annua del 123% e di ben il 33% nel solo gennaio 2013.
Nel gennaio 2013 le cinque valute maggiormente utilizzate per regolare pagamenti internazionali sono state: l’euro (40,17%), il dollaro USA (33,48%), la sterlina britannica (8,55 %), lo yen giapponese (2,56%), e il dollaro australiano (1,85 % ).
Il governo cinese tiene sotto controllo il tasso di cambio ufficiale bloccando politicamente le fluttuazioni della valuta entro un massimo dell’1% – sia in positivo sia in negativo – rispetto al tasso di riferimento fissato dalla Banca Centrale Cinese; tuttavia va ricordato che recentemente lo stesso Governo ha intrapreso provvedimenti per diminuire la dipendenza della Cina dal dollaro incrementando la domanda di yuan a livello internazionale.
Inizialmente la Cina aveva puntato al contenimento della volatilità valutaria; per oltre un decennio, il valore dello yuan è stato fissato ad un livello basso, fattore che ha contribuito a facilitare per anni il boom delle esportazioni cinesi.
Quando si analizza il mercato valutario cinese occorre sempre tenere in grande considerazione le politiche economiche intraprese dal Governo: in Cina le politiche economiche seguono l’agenda politica, non il contrario. Prima del 2009, non era possibile esportare valuta all’estero ed il Governo cinese aveva proibito l’uso dello yuan come moneta nelle transazioni internazionali.
Il primo passo verso l’apertura nei confronti dei mercati internazionali è avvenuta tramite il deprezzamento dello yuan compiuto nel luglio del 2005, quando il Governo Centrale decise di disallineare i tassi di cambio – dopo circa un decennio di ancoraggio – dello yuan dal dollaro, col risultato di introdurre, seppure in minima parte, delle oscillazioni sul valore del RMB.
Secondo stime di Bloomberg, nel 2012, lo yuan si è apprezzato di circa l’1% sul dollaro, tuttavia nel 2013, lo yuan dovrebbe subire un deprezzamento – sempre sul dollaro – tra il 2,1 per cento al 6,1 per cento.
La Cina si sta impegnando a sostenere i propri hub di yuan offshore, alla ricerca di un ruolo più importante per la valuta cinese nella finanza globale; questo avviene in un periodo nel quale le principali monete internazionali – Dollaro, Euro, Sterlina – a causa della recessione economica sofferta dai relativi paesi emittenti, faticano a tenere il passo con Pechino.
Il trading offshore della valuta cinese è iniziato a Hong Kong nel 2010; da allora il volume medio delle offerte per lo yuan è incrementato vertiginosamente, addirittura raddoppiando nell’ultimo anno, raggiungendo volumi di almeno i 6 miliardi di dollari al giorno di scambi.
A livello operativo sempre piu’ gruppi italiani decidono di operare in yuan per transazioni internazionali. Prima del 2011 gli investitori esteri con una presenza in Cina dovevano dotarsi di una specifica approvazione ed essere inseriti in un elenco di 70.000 aziende autorizzate; successivamente questa modalita’ e’ stata liberalizzata ed il numero di societa’ italiane che ricorre a pagamenti da e verso l’estero in RMB e’ cresciuto notevolmente.
Il nuovo trend per gruppi stranieri in Cina e’ quello di definire l’investimento e il capitale sociale in valuta locale anziche’ in euro o dollari americani; questo significa ridurre nei bilanci cinesi impatti rilevanti inerenti utili e perdite su cambi relativi alla mera conversione in valuta. In modo analogo, regolare pagamenti internazionali in valuta cinese significa ridurre il rischio di fluttuazione del mercato valutario. Lorenzo Riccardi