Cina: spopola la pop culture made in Japan. Armani online in cinese ma con testimonial giapponesi

SHANGHAI: Basta un giro in qualsiasi centro commerciale del centro di Shanghai per accorgersi di qualche cambiamento in termini di trend e pubblicità. Harajuku Street, Amazing Tokyo, Oishii Japan sono solo alcuni dei nomi assegnati a catalogare aree multibrand della moda giovane nei grandi shopping mall a ridosso fra Huahai road e Nanjing Road. Al di là delle problematiche storico politiche che ancora oggi raffreddano le relazioni fra Cina – Giappone, la televisione, la musica, il cinema nonché il rimbalzo coreano per la moda e i trend made in Japan si fanno sentire e influenzano la strategy di brand storici della moda europea. Un esempio? Pochi giorni fa Armani annuncia la creazione di emporioarmani.cn il portale di vendita online specificatamente per users cinesi: prezzi in yuan e descrizioni in lingua cinese. I modelli e testimonial? rigorosamente personaggi conosciutissimi in Cina dal jet set giapponese o taiwanese: Takeshi Kaneshiro per esempio o l’attrice nippo taiwanese Fanny Shu.

Questa intuizione di Armani riporta alla luce un tema caro a qualsiasi mediatore culturale o esperto di business re-location che si voglia citare. La maison italiana è riuscita a cogliere il bisogno di rassicurare il mercato interno, di avvicinarsi in una prospettiva facilmente percorribile in termini di visibilità, nell’accostamento dell’affermata nomia italiana a ben più vicini idoli giovanili ma non solo. Ecco perciò che se la prima ondata di luxury syle o di fashion made in Italy doveva puntare al nome e alla presenza costituita della società in locations di primo ordine, ora l’intensificazione e la valorizzazione dell’investimento apportato negli ultimi anni deve mirare a penetrare un tessuto più ampio in termini di consapevolizzazione del brand, mediandola attraverso una dimensione totalmente cinese.

Armani segue in una prospettiva più colorata e se vogliamo comunicativamente più accattivante, quanto già inizializzato da Shang Xia (marchio cinese del gruppo Hermes), nella consapevolezza che il mercato della compravendita online rappresenti ormai un elemento fondamentale per la strategy di permealizzazione del mercato su un target trasversale di acquisizione. La notizia conquista poi subito l’attenzione della pagina Lifestyle del China Daily ed è rimbalzata con forza di promozione negli oltre 40 stores in China.

L’esperienza dello store online è stata avviata da Armani sul mercato americano nel 2007. Anche se l’Europa riveste ancora un 75% del fatturato per la maison milanese, il mercato americano e quello asiatico ricoprono ormai un 25% consolidato e la Cina rivestirà un ruolo trainante con una forte ripercussione a breve termine su questa relazione di percentuali.

Il mercato cinese, assieme a quello coreano (più maturo in questo senso) si è rivelato negli ultimi anni come uno dei più attivi e ricettivi dal punto di vista dello shopping online. L’expo ha sicuramente costituito un elemento fondante in questo percorso di diffusione della rete per termini di pubblicità, marketing e sviluppo delle public relations sotto il profilo commerciale. Ogni punto vendita che si rispetti introduce alla propria clientela un manager per le relazioni con il pubblico, che comunica costantemente con mailing list, blog legato alla società e al marchio e fidelizza le relazioni comunicando eventi e compagne promozionali. 

Una rapidità quella del management cinese nel strutturarsi più formalmente e su misura nella relazione con il proprio mercato (soprattutto nel momento in cui parliamo di brand importanti) che stupisce e fa riflettere ma soprattutto che sottolinea ancora una volta l’importanza di mediare l’export in una dimensione di rilocalizzazione consapevole, sensibile e costantemente presente nel rapido mutamento di trend e aspettative che uno dei mercati più dinamici al mondo ormai esige senza sosta.

Da Shanghai

Paolo Cacciato

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