Controtendenza di successo per HK stock exchange: cresce l’aspettativa di quotazione da parte dei gruppi italiani

HONG KONG: C’erano grandi aspettative per l’Hong Kong Stock Exchange nel 2011 e – nonostante i tumulti economici e finanziari che hanno raggiunto anche l’Asia alla fine dello scorso anno – gli ottimi risultati previsti sono stati raggiunti, mantenendo per il terzo anno consecutivo il proprio ranking di listing-hub numero uno al mondo, prima del New York Stock Exchange e del London Stock Exchange.

In un anno caratterizzato da un elevato grado di incertezza a livello macroeconomico, in cui il controvalore delle IPO a livello globale è diminuito del 39% rispetto al 2010, la Borsa di Hong Kong ha brillato, registrando nel primo semestre la propria migliore performance degli ultimi 10
anni, grazie alle quotazioni di società internazionali di grande prestigio come Prada, Samsonite, Glencorp International e MGM China (joint venture sino-americana nel settore dei casinò).

Il secondo semestre dell’anno, invece, si è dimostrato più problematico e il mercato delle IPO ha registrato un’inversione di tendenza, sulla scia dell’esplosione della crisi greca e del downgrade del debito sovrano degli Stati Uniti, ma anche a seguito dei problemi di liquidità delle
aziende private del Wenzhou, dell’istanza di fallimento presentata da MF Global e della contrazione economica in Europa, che hanno pesato sensibilmente sul sentiment di mercato.

Nonostante gli inevitabili effetti negativi generati da questi avvenimenti, nel corso del 2011 sono state 102 le nuove società sbarcate sul listino dell’Hong Kong Stock Exchange, per una raccolta complessiva di ben USD 35 miliardi. Questi dati se confrontati con quelli di Borsa Italiana
– dove l’unica vera matricola è stata Ferragamo, mentre se si considerano gli altri segmenti le nuove ammissioni sono state in tutto dieci, contro le 14 revoche di quotazione – sembrano confermare che il nostro listino domestico è destinato a giocare un ruolo sempre più marginale rispetto alle altre piazze internazionali.

La libertà e il dinamismo del sistema finanziario locale, combinato con la vigorosa crescita dell’economia cinese, dove la nascente classe media è diventata la seconda categoria di consumatori di beni di lusso al mondo, rappresentano dei fattori decisivi per molte società internazionali nella
scelta di Hong Kong come piazza dove realizzare la propria strategia di IPO.

Gli operatori dei settori retail e dei beni di consumo sono quelli maggiormente attivi, in quanto scelgono Hong Kong come piattaforma per incrementare la propria brand awareness e avere un accesso privilegiato al mercato cinese.

D’altra parte anche molti player dei settori delle materie prime e dell’energia hanno optato per la quotazione a Hong Kong per avere accesso al maggior mercato mondiale per l’importazione di commodities, dove tra l’altro è previsto un ulteriore intensificamento dell’urbanizzazione sulla
base di quanto stabilito nel dodicesimo piano quinquennale, oltre a poter beneficiare dagli effetti positivi generati dell’incredibile successo riscosso da Glencorp International, che grazie alla mega-IPO del maggio scorso ha raccolto circa il 38% dei proventi derivanti da tutte le quotazioni
all’Hong Kong Stock Exchange del 2011.

Tuttavia, il rallentamento globale registrato nella seconda metà del 2011 ha fatto sì che molti player abbiano rimandato i propri piani di IPO a quando il sentiment globale si sarà ristabilito, creando una pipeline di circa 40 società in attesa di quotarsi a Hong Kong presumibilmente nella
seconda meta del 2012.

Tra queste vi sono nomi del settore del lusso come Graff Diamonds, società britannica celebre per i suoi diamanti e gioielli di altissima gamma che ha inviato una richiesta di quotazione alle autorità borsistiche di Hong Kong per una operazione da circa USD 1 miliardo, ma anche
operatori dell’industria pesante come la società petrolifera canadese Sunshine Oilsands, che fisserà tra qualche settimana il prezzo del collocamento delle proprie azioni fino a un massimo di USD 700 milioni.

Sicuramente, anche la possibilità di optare per una quotazione in renminbi – autorizzata per la prima volta dal governo di Shanghai nell’Aprile 2011 con il fine di diffondere l’utilizzo della valuta locale nei mercati finanziari internazionali – sarà un ulteriore fattore di sviluppo per la Borsa
di Hong Kong, con le società cinesi che continueranno a dare nuova energia al mercato delle IPO locali nel perseguimento della loro strategia orientata a diventare player globali.

Inoltre, le piccole e medie imprese della Cina continentale potrebbero trovare presto una via più agevole per quotarsi a Hong Kong, come anticipato da Yao Gang, Vice-Presidente del China Securities Regulatory Commission (CSRC), in occasione dell’Asian Financial Forum tenutosi il
mese scorso a Hong Kong. La soglia dimensionale attualmente fissata è relativamente elevata e l’iter di approvazione è piuttosto lungo – contemplando l’autorizzazione del CSRC prima di potersi candidare per una quotazione a Hong Kong – ma nell’ambito delle riforme in fase di studio per il capital market locale, verranno semplificare le procedure per aiutare le piccole e medie imprese della Cina continentale a raccogliere fondi a Hong Kong.

Anche numerosi gruppi italiani stanno manifestando grande interesse per un possibile processo di quotazione a Hong Kong. Tuttavia, accanto alla semplice idea di una IPO che potrebbe garantire valutazioni più elevate rispetto ad altre piazze, è necessaria una riflessione approfondita
sull’esistenza o meno di elementi che proiettino il futuro del gruppo sul mercato cinese. Potrebbe trattarsi della grande riconoscibilità del proprio brand oppure di importanti progetti industriali, che facciano ragionevolmente prevedere a gruppi ben gestiti, con finanze solide e business model
sostenibili, di possedere anche know-how e prodotti adeguati per assumere un ruolo importante all’interno mercato cinese.

Federico Palazzari

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