COREA: Un aumento del 24% in solo un anno. Questo è il risultato d’eccellenza messo a segno da Hyundai – Kia Motors nel 2010 arrivando a contendere Ford il quarto poto nella classifica mondiale costruttori. Se da una parte la Hyundai Europa appare sicura della propria potenzialità nella conquista di una fetta di mercato tale da permetterle un controllo del 5% sul mercato europeo entro il 2015, dall’altra si accumulano successi importanti in USA dove i coreani si apprestano a immatricolare le 600 mila auto l’anno. Un successo di filiera produzione, marketing e corporate asset che affascina gli accademici e che conduce alla constatazione di un modello vincente tale da far pensare a un "Korean Model" di nuova generazione e connotazione.
Punto di forza della filiera di produzione e vendita Hyundai ed elemento strategico ab origine, è dato sicuramente da un investimento massiccio di capitali prima della rivalutazione dello won che ha portato al sorgere di fabbriche in tutto il mondo, permettendo soprattutto alla chaebol coreana di ritagliarsi una fetta di forte operatività in Cina, divenuto oggi il suo mercato leader.
Da Toyota la Hyundai ha sicuramente imitato il bisogno di consolidamento in termini qualitativi della propria produzione. Se la percezione di "forza produttiva" è sempre stata in Corea elemento identificatore del livello di consistenza e competitività fra aziende, la consapevolezza di un prodotto che fosse tecnicamente e qualitativamente affidabile nel rapporto con il volume di produzione ha certamente condizionato la politica della nuova classe dirigente Hyundai (seconda generazione).
Rispetto al modello Toyota i coreani osano in termini di varietà di modelli presentati. Produrre meno ma diversificando, acquisendo maggiori target e curandone qualità e affidabilità tecnica, sono nuove consapevolezze che hanno stabilmente condizionato la politica produttiva dell’azienda.
Ma sicuramente un elemento che distingue con forza il sistema di approccio coreano al mondo delle relazioni commerciali internazionali è dato dalla capacità unica da parte dell’azienda di diversificare la propria presenza sul mercato mondiale, acquisendo punti strategici di mercato differenti per Paese. Ciò ha permesso a grandi società come Samsung per esempio, di far fronte all’enorme crisi americana giocando la carta dell’aumento di profitti cinesi.
Una struttura conglomerale, come quella coreana d’impresa, difatti, se da una parte rende lento il sistema strutturale e di coinvolgimento manageriale così come di gestione della filiera produttiva, dall’altro rafforza la presenza della company in settori talvolta completamente diversi seguendo necessità dei singoli mercati.
Se da una parte, dopo la profonda crisi di fine anni 90, le chalebol coreane sembravano destinate ad una fase di stagnazione e di profondo ridimensionamento in termini di mutilazione finanziaria e strutturale, il dirigismo coreano, seppure intaccato da riforme politiche e di respiro democratico, ha sicuramente giocato un ruolo cardine nell’indirizzare con rapidità la produzione e gli investimenti su micro-strategie di settore, unendole a rinnovata capacità comunicativa e un marketing profile accattivante e modernista. Un insieme di elementi che hanno segnato profondamente la rinascita dei grandi conglomerati in una vesta nuova dove consistenza di produzione, diversificazione e promozione esprimono un’ambizione nuova e comprovata su molti mercati.
Paolo Cacciato
Link Correlati
Corsi di Lingua Coreana Milano – Roma
Corsi di formazione manageriale, business culture e business mediation – Korea