Dal Lago Maggiore a Thung Chang (Thailandia del nord): intervista a Marco Pagani.

Marco Pagani (a destra nella foto) vive, assieme alla moglie Dao -Stella- e ai due figli Tonnam –Sorgente d’acqua– e Lamtan –Torrente– a Thung Chang, nella “provincia nascosta di Nan“, in Thailandia del nord.
Per lavoro Marco e Dao gestiscono un piccolo resort, perfetto per una vacanza lontano dai fragori della Thailandia più sfruttata e commerciale e poco distante dal confine con il Laos.

Puoi introdurti generalmente per i lettori di CA?

Mi chiamo Marco Pagani, ho 48 anni, sono italo-tedesco e originario di Baveno in provincia di Verbania, sul Lago Maggiore. Sono cresciuto nell’albergo di famiglia, vecchio di oltre cent’anni. Sicuramente essere nato in un luogo turistico mi ha sempre messo la curiosità per le lingue straniere e la voglia di viaggiare. La mia infanzia si è divisa tra Italia e Germania dove ho anche fatto parte del percorso scolastico. Lavorando nell’albergo di famiglia ho iniziato a essere insofferente rispetto all’angusta realtà locale e ho sviluppato un desiderio…non proprio di fuga, forse è più corretto dire: di espansione. Ho dunque girato un po’ in Europa, ho visitato il Messico e gli Stati Uniti a circa
diciotto anni e ho capito che la voglia di “espansione interiore” era incontenibile. Sono venuto in Asia in compagnia di una mia fidanzata che ne era appassionata e i viaggi che c’ho fatto mi hanno cambiato la vita, specialmente il primo, in Laos. Era il ’96 e mi sono innamorato delle atmosfere laotiane (anche perché ero già attratto dal
Buddhismo). Ho fatto poi un viaggio in Birmania e uno in India e cresceva la voglia di trasferirmi, in qualche modo, in questi paesi. Ricordo che quando tornai dal Laos, dunque dal primo viaggio in Asia, non riuscii a uscire di casa per circa tre mesi, fu proprio un punto di svolta. Nel dicembre del 2000 riuscii a realizzare il mio desiderio di trasferimento. Comprai un biglietto per la Thailandia (in Laos era praticamente impossibile lavorare) aperto un anno per cui appena arrivato iniziai a frequentare una scuola per impadronirmi della lingua e, avendo un buon curriculum di lavoro nel turismo, fu facilissimo trovare da lavorare in strutture recettive (alberghi e resorts). Nel 2001 conosco la mia attuale moglie, Dao, nel resort in cui lavoravamo entrambi e a quel punto ci prendiamo un anno sabatico che trascorriamo a Chiang Mai per capire se la voglia di vivere in Thailandia aveva delle fondamenta reali. In altre parole: volevo capire se il trasferimento in loco sarebbe stata la scelta giusta. Decidemmo anche di trascorrere un periodo lavorativo e di prova in Italia per vedere se, in caso, a lei sarebbe potuto piacere trascorrere dei periodi nel mio paese. Abbiamo capito che lei avrebbe potuto vivere in Italia ma alla fine la scelta è caduta sulla Thailandia. E’ dunque iniziata la ricerca del posto che sarebbe diventato casa.
In quel periodo si cercava di lavorare stagionalmente, sei mesi all’anno, per avere tempo a sufficienza per girare soprattutto il nord del paese alla ricerca della nostra futura casa. Il Progetto Siam Garden era già in nuce, a quei tempi, si trattava solo di trovare il posto adatto, dove avevamo anche intenzione di far crescere i nostri figli (ancora non c’erano ma erano stati preventivati).
Abbiamo praticamente girato tutto il nord del paese fino a quando la scelta è caduta sulla provincia nascosta di Nan.
Il progetto che avevamo in testa era di trovare un posto il più naturale possibile, per i figli e di fare una sorta di agriturismo che fosse però alla portata di tutti.
Dunque nel 2009 abbiamo trovato il posto che cercavamo a Thung Chang e abbiamo realizzato, finalmente, il nostro sogno.

La decisione di trasferirti in un posto come Thung Chang è alquanto originale, perché proprio Thung Chang?

Il karma…mia moglie ha detto che nelle vite precedente io ero sicuramente qui. Passare in un paesino, fermandosi solo una notte e non levarselo più dalla testa e continuare a ripassarci…non è banale. La cosa sorprendente, poi, è che a Thung Chang abbiamo trovato un terreno adatto al nostro progetto, grande abbastanza (circa due ettari) a costi accessibili.

Non ti sei fatto scoraggiare dal fatto che sia un posto un po’ remoto?

Era il posto che cercavo, volevo il posto un po’ fuori dal mondo, mi definisco un personaggio eremitico-dadaista. Eremitico perché amo la solitudine, pur con la famiglia, nella natura e perché ho sempre viaggiato alla ricerca di emozioni, legate alla gente e all’atmosfera. Sono sempre stato affascianto dalle attrazioni turistiche minori e, soprattutto, da zone non turistiche, magari poco interessanti per il turista da Lonely planet ma interessanti per me. Per questo mi considero, oltre a un eremita, anche un dadaista.

Non temevi che potesse essere un posto poco vincente su fronte del Business?

No, il mio sesto senso, derivante dall”aver lavorato nel turismo per anni, mi portava a essere molto ottimista. Credo che se una persona senza esperienza nel turismo avesse aperto, a Thung Chang, un resort come il nostro, non avrebbe avuto successo. Ci voleva, come si suol dire, un po’ di gavetta, sapere dove incominciare a crearsi
dei collegamenti…ad esempio avendo sempre girato in moto iniziai a comprendere le potenzialità della provincia di Nan per i motociclisti. Siamo inoltre sulla via per Luang Prabang in Laos e questo, a sua volta, mi tranquillizzava; qualcuno sarebbe sicuramente passato. In Nan ho visto le potenzialità della nuova via turistica del nord della Thailandia verso il Laos e Luang Prabang. Anzi: una nuova via al di fuori delle rotte turistiche.
Insisto poi a voler parlare di variabile karmica…arrivato a Thung Chang, il posto, dove ho trovato anche diversi amici thai, mi ha subito dato una pace interiore che era quasi in grado di sostituire la pratica meditativa cui da tempo mi dedicavo. Sicuramente il connubio: natura, famiglia e la realizzazione di un progetto che avevo in testa da anni hanno avuto un ruolo fondamentale nel rendermi, oggi posso dirlo, una persona felice. Pensa che nel 2000 avevo già fatto i biglietti da visita del Siam Garden ma la location era: secluded are in northern Thailand.

Parlami un po’ del tuo resort: lo spirito che lo anima, le persone che lo frequentano, a chi può essere consigliato, eccetera.

Appena aperto, nel 2011, avevamo soprattutto clientela thai perché Thung Chang era un posto allora sconosciuto mentre la provincia di Nan iniziava ad avere un minimo giro di turisti stranieri. In realtà il resort è stato studiato per una clientela straniera che apprezzi il verde, la tranquillità, l’atmosfera rilassata, eccetera.
Ora iniziamo ad avere il cinquanta per cento della clientela composta da farang, spesse volte residenti in Thailandia. Spesso e volentieri ospitiamo persone che vogliano scappare dalle grandi città thai (sempre più sfruttate ed alientanti). Quando si tratta di turisti non residenti si tratta di abitué della thailandia in cerca di “nuove frontiere”. Sicuramente non ospitiamo il turista-tipo, siamo più rivolti al “viaggiatore” o all’expat.
Noi abbiamo al momento cinque bungalow e massimo tre in costruzione proprio per mantenere una dimensione rilassata, da resort famigliare.

Pensi che una proposta turistica originale come la tua possa essere replicabile su larga scala in Thailandia o è destinata a rimanere di nicchia?

Il primo problema è riuscire a trovare i posti giusti, poi quello dei costi. Oggi sono lievitati parecchio rispetto a quando comprammo noi. Questo ovviamente complica la prospettiva di un’offerta turistica che voglia essere budget. Faceva parte del sogno creare una bella dimensione famigliare a costi contenuti ma questo, con l’inflazione crescente che abbiamo in Thailandia è già oggi più difficile da realizzare.
Le nuove vie sulla Cina, nella Thailandia del nord, attraverso il Laos hanno sicuramenrte avuto un ruolo cruciale in quella che non penso si esagerare a definire una “decuplicazione dei prezzi dei terreni”.

Per come ti conosco tu dai un gran valore al lavoro di network. Puoi dirmi qualcosa al riguardo?

Come ti accennavo ho alle spalle una buona esperienza nel turismo. Sapevo già dove rivolgermi rispetto a un discorso di promozione: gruppi di motociclisti, ciclisti, escursionisti. Essendo in una zona remota, ancora poco sconosciuta, ho puntato molto sulla promozione on line, aderendo a gruppi facebook, contattando personalmente
agenzie che propongono itinerari in mountain bike o di trekking, alcuni proprietari di altre guesthouses in posti vicini (soprattutto la città di Nan), con cui abbiamo creato rapporti di mutuo sostegno eccetera.Ho poi un buon rapporto di collaborazione con la rivista In Thailandia e, di recente, con la casa editrice Viverealtrimenti. Insomma, si tesse la tela…

Quali vantaggi e svantaggi stai avendo vivendo in una paese cosi’ diverso da quello tuo di origine?

Sicuramente in Thailandia sarai sempre considerato uno straniero, chi vive qui lo sa e molti di noi residenti ci sentiamo dei perenni ospiti. Sicuramente riuscire a prendere il meglio che la Thailandia può offrire, anche a seguito di un mio ritiro strategico, fa si che io continui ad amare questo paese dove penso di rimanere.
Se avessi continuato a lavorare negli alberghi a Ko Samui e a Bangkok, probabilmente, la penserei diversamente.

In chiusura, vuoi dirmi due parole sul tuo rapporto, cui accennavi, con il Buddhismo?

Ne sono sempre stato attratto e, probabilmente a casua dell’irrequietezza cui ti facevo prima cenno, mi ha sicuramente aiutato un percorso meditativo. Ho fatto un importante ritiro in Thailandia, poi ho continuato da solo, seguendo soprattutto il metodo di Buddhadasa Bikkhu. Non ricordo come ho trovato questo monaco “socialista”
e il suo progetto di Socialismo Dharmico ma, leggendo diverse cose su di lui, me ne sono subito in qualche modo innnamorato, in particolare del suo desiderio di giungere a un Buddhismo che esca da un alveo propriamente religioso divenendo il filo conduttore di una società il più possibile equa. Come ti accennavo, vivere qui, con mia moglie e i miei figli, ha quasi reso superflua la mia pratica meditativa cui, tuttavia, continuo a dedicare, quando posso, del tempo.

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