Si è conclusa da pochi giorni la sessione programmatica annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo meglio conosciuta anche come liang hui ovvero le due sessioni – le due volte, quella di consultazione e ratifica nell’esamina delle istruzioni di politica esecutiva fissate dal Governo.
In una prospettiva di freno alla crescita eterogenea sostanziata nell’ultimo decennio, al fine di consolidare una funzionale stabilità strutturale della vasta società cinese, si consolida uno dei cardini della dialettica politica di Xi Jinping, quello della Xin ChangTai 新常态 ovvero della “nuova normalità”. Una condizione a cui il popolo cinese dovrà abituare il proprio carisma propositivo in funzione di stabilizzazione dei fattori produttivi e delle risorse coinvolte. Sprechi, disuguaglianze economiche, arretratezza delle aree periferiche e inquinamento sproporzionato rappresentano la pars destruens di una crescita non controllata.
Strettamente collegato a questo scopo il profondo problema non solo della distribuzione delle risorse produttive ma anche di controllo delle medesime in un’ottica di valorizzazione della qualità e dell’ecosistema in cui la produzione stessa viene ad arricchire un territorio: una prospettiva pertanto che viene a relazionare del mantenimento dei tassi di disoccupazione al di sotto del 4,5% e parallelamente di un’azione propositiva in termini di rispetto e sostenibilità ambientale.
Se il tasso di inflazione subisce una leggera diminuzione rispetto allo scorso anno, la soglia del 3% rassicura la salute del sistema dei consumi cinesi ma trova una contropartita nella necessità, già avviata dallo scorso piano quinquennale, di diminuire le esportazioni al fine di sostenere lo sviluppo di un sistema produttivo che risponda di bisogni legati dal consumo nazionale in una prospettiva che stavolta faccia propri gli elementi di qualità, innovazione e sostenibilità.
Il claim politico lanciato da Li Keqiang sul “Made in China 2025” rappresenta pertanto una frontiera di cambiamento forte dei fattori produttivi cinesi così come di consapevolezza matura sulle possibilità di spesa da parte dei consumatori cinesi in modo da poter assodare e stabilizzare un’omogeneità del “carisma di consumi” del mercato di massa.
Per far ciò manca sicuramente lo strumento che sostenga in termini esecutivi la demolizione di un processo di dirigismo economico pianificato che ha basato negli ultimi decenni tutta la propria carica e sostanza su protezionismo di alcune industrie “sensibili”, sull’aumento della produttività per finalità d’esportazione e attrazione di investimenti esteri per avviare un sistema produttivo funzionale agli investors in termini di cost saving.
Aprire China ai fattori produttivi d’eccellenza così come agli autori in grado di sostanziare un cambiamento forte che inquadri sostenibilità produttiva nell’impatto ambientale, che realizzi una dinamica di consapevolizzazione del capitale umano coinvolto, che vengano a diversificare gli investimenti su ricerca e innovazione tecnologica nell’andare di pari passo con l’educazione del mercato ai contenuti finanziati, la stabilizzazione di un dialogo costruttivo di avvicinamento omogeneo di Paesi, Saperi e Strumenti sono i parametri strategici su cui Pechino aprirà il tavolo delle trattative con il resto del mondo.
Se Shanghai 2010 rappresentava l’apice del PIL cinese indotto, Milano EXPO 2015 proponga la consapevolezza di una visione, se vogliamo europea, che sottolinei la capacità di battere la crisi facendo leva sulla consistenza di elementi strutturali propri del nostro sistema produttivo: storia, competenza, conoscenza tecnica, ricerca e innovazione. Se le Istituzioni insieme alle Imprese comprenderanno che questi elementi sono alla base dell’analisi strategica perseguita dal “Made in China 2025” sapremo emergere per l’eccellenza del nostro indotto Italia e vincere sulle problematiche strutturali che EXPO ha conosciuto nel suo trascorso. Solo ascoltando le necessità della prima economia al mondo potremo capire quanto EXPO 2015 rappresenti l’occasione del momento per introdurre un modello di cooperazione che trovi nell’interesse cinese al nostro Paese e alle nostre eccellenze un fattore di essenzialità forte del dialogo bilaterale Europa – China, con un orgoglio di slancio tutto italiano nel superare una volta per tutte la retorica dell’amicizia alla Marco Polo.