a cura di Lorenzo e Giorgio Riccardi
Negli ultimi due anni, si sono registrati numerosi interventi legislativi attraverso i quali il Governo italiano ha apportato significative modifiche in ambito di fiscalità internazionale con risvolti particolarmente interessanti sia per i soggetti italiani con attività in Hong Kong, sia per le imprese di Hong Kong che investono in Italia.
Con il Decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147, cd. “decreto internazionalizzazione”, il Governo ha inteso rendere il nostro Paese maggiormente attrattivo e competitivo per le imprese, italiane o straniere, che operano in Italia riducendo i vincoli alle operazioni transfrontaliere e creando un quadro normativo sempre piu’ certo e trasparente per gli investitori.
Le leggi di stabilità 2015 e 2016 (legge 23 dicembre 2014, n. 190 e legge 28 dicembre 2015, n. 208) hanno invece, recato incisive modifiche al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Testo Unico delle Imposte sui Redditi nella parte contenente la disciplina delle Controlled Foreign Companies, quali ad esempio l’abrogazione dell’Art. 168 in materia di collegate estere e dell’Art. 168-bis, che prevedeva l’elaborazione di una white list, e la conseguente eliminazione del riferimento a tale articolo nell’ambito della disciplina CFC.
In particolare, l’articolo 167, comma 1, del TUIR, nell’attuale formulazione prevede la tassazione per trasparenza, in capo al soggetto controllante residente in Italia, dei redditi conseguiti dal soggetto partecipato residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.
In proposito, pertanto, rileva la distinzione tra white list e black list. Come è noto, la white list individua i “Paesi virtuosi”, ovvero gli Stati o territori “che consentono un adeguato scambio di informazioni e nei quali il livello di tassazione non è sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia”. Mentre appartengono alla black list i Paesi individuati dal d.m. 21 novembre 2001 ovvero quegli Stati che godono di regimi fiscali privilegiati in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni.
Se fino al 31.12.2015 il livello di tassazione sensibilmente inferiore coincideva con quello che in media si discostasse di almeno il 30% rispetto al livello di tassazione medio applicato in Italia, con legge di stabilità 2015 sono stati modificati i criteri di determinazione dei regimi fiscali privilegiati, con la precisazione che per “livello di tassazione sensibilmente inferiore” si intende oggi un livello di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia.
Per dare attuazione alla descritta modifica normativa, sono stati emanati due decreti ministeriali con cui sono stati espunti dalla black list dapprima le Filippine, la Malesia e Singapore e, successivamente, con il d.m. 18 novembre 2015, anche Hong Kong.
Restava però il dubbio se le disposizioni di cui all’Art. 167 TUIR, si sarebbero ancora applicate in merito agli utili conseguiti dalle partecipate in Hong Kong per l’anno 2015.
A far chiarezza sul punto è intervenuta la recentissima Circolare 35 E dell’Agenzia delle Entrate con la quale l’Agenzia ha precisato che ai fini dell’applicazione del regime CFC rileva “la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato”.
“Ciò significa – continua l’Agenzia – che i presupposti di applicazione della disciplina CFC, vale a dire il controllo della partecipata estera e la sua localizzazione in uno Stato a fiscalità privilegiata, vanno verificati di anno in anno, con riferimento alla chiusura dell’esercizio del soggetto controllato estero. Ne consegue che le controllate con esercizio coincidente con l’anno solare, residenti in uno dei suddetti Stati o territori espunti dalla black list, si considerano escluse dal d.m. 21 novembre 2001 per l’intero periodo d’imposta 2015”.
Al contrario, qualora le controllate estere, localizzate nei Paesi espunti dalla black list nel corso del 2015, avessero un esercizio sociale con chiusura antecedente all’entrata in vigore dei predetti decreti ministeriali, il reddito da questa prodotto continuerebbe ad essere imputato per trasparenza al socio italiano, ai sensi della disciplina previgente.
Con la legge di stabilità 2016, come accennato, per l’individuazione dei territori a fiscalità privilegiata, è stato introdotto con decorrenza 1 gennaio 2016, il criterio correlato al livello di tassazione nominale inferiore al 50% di quello applicabile in Italia, oltre il riferimento ai regimi speciali, eliminando invece il riferimento all’appartenenza alla black list.
Invero, l’articolo 167 co. 4 del TUIR, come da ultimo modificato, prevede che: “I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”, a prescindere dall’esistenza di un adeguato scambio di informazioni tra l’Italia e il Paese di volta in volta interessato.
Per verificare se il livello di tassazione nominale dello Stato estero sia inferiore al 50% di quello applicabile in Italia, dal lato italiano, occorre tenere in considerazione l’aliquota IRES (27,5%), al netto delle eventuali addizionali, nonchè l’aliquota IRAP ordinaria (attualmente fissata al 3,9 per cento).
Parimenti, dal lato estero, rilevano le imposte sui redditi, che con specifico riferimento ad Hong Kong sono pari al 16,5% (profits tax).
Dal confronto, si evince chiaramente che l’aliquota nominale di profits tax attualmente in vigore in Hong Kong è superiore al prescritto 50% rispetto alla somma tra IRES ed IRAP.
Ma la disciplina CFC trova applicazione anche in ipotesi di regimi speciali. Del resto, se così non fosse, la CFC rule non troverebbe applicazione nell’ipotesi in cui la controllata estera sconti una aliquota d’imposta particolarmente vantaggiosa in virtù di un regime fiscale riconosciuto da uno Stato in cui l’aliquota ordinaria di imposizione è superiore al predetto limite del 50 per cento.
A mero titolo di esempio, sono considerati regimi speciali quelli che concedono una riduzione di aliquota rispetto a particolari settori o aree territoriali (zone franche o free zone), ovvero in relazione a determinate attività (come quelle finanziarie, agricole, turistiche) o, tra gli altri, quelli che garantiscono la detassazione dei redditi derivanti da attività svolte all’estero. Ne consegue che l’eventuale applicazione del regime offshore in relazione all’utile netto generato dalla società controllata in Hong Kong, comporterà l’applicazione dell’Art. 167 TUIR alla società controllante italiana.
Il decreto internazionalizzazione è intervenuto anche modificando i criteri di determinazione del reddito imponibile della CFC applicabili in caso di tassazione per trasparenza del reddito del soggetto non residente. La disciplina CFC prevede l’imputazione per trasparenza e il successivo assoggettamento ad imposizione in capo al socio residente, dei redditi conseguiti dalla società controllata nello Stato o territorio estero di insediamento. Il socio controllante residente è, tuttavia, tenuto a rideterminare tali redditi secondo le regole fiscali domestiche che facevano espresso riferimento anche all’Art. 86 co 4 del TUIR. Il citato decreto ha invece eliminato il riferimento all’Art. 86, co. 4 TUIR per garantire una maggiore equivalenza della base imponibile del reddito estero, imputato per trasparenza in capo al socio italiano, rispetto a quella del reddito prodotto in Italia, ferma restando la modalità separata di tassazione del primo.
Secondo l’interpretazione fornita nella Circolare, i dividendi provenienti da una società di Hong Kong e percepiti nel 2016 da un socio italiano, non sono soggetti a tassazione integrale (in quanto non considerati provenienti da un Paese a regime fiscale privilegiato) qualora:
- i dividendi siano distribuiti da una società partecipata di Hong Kong dopo il 30 novembre 2015, anche se maturati in esercizi precedenti;
- la società in Hong Kong non sia soggetta ad un regime speciale.
Con l’inserimento di Hong Kong nella white list,
- anche i soggetti residenti ad Hong Kong, che ricevono pagamenti di interessi ed altri proventi su titoli di stato e obbligazioni italiani, hanno diritto all’esenzione dall’imposta sostitutiva;
- l’imposta sostitutiva applicabile ai beneficiari residenti in Italia sugli interessi obbligazionari e titoli equipollenti viene ridotta dal 26% al 12,5%;
- non opera la presunzione di residenza in Italia per i trust istituiti nelle giurisdizioni elencate nella white liste al verificarsi di certe condizioni;
- la compilazione del quadro RW è stata semplificata con l’indicazione del solo valore della partecipazione anziché degli investimenti e delle attività finanziarie estere intestate alla stessa società;
- è ammessa la deducibilità delle perdite verso debitori residenti in Stati white listassoggettati a procedure assimilabili a quelle applicate in Italia;
- è prevista la determinazione al valore normale del valore fiscale delle attività detenute da soggetti che trasferiscono la sede societaria in Italia.
Per completare il quadro normativo introdotto dalle recenti modifiche legislative, si auspica un ulteriore intervento che cancelli Hong Kong dall’elenco dei Paesi per cui scatta l’inversione dell’onere della prova per la residenza delle persone fisiche, indicati nel Decreto Ministeriale 4 maggio 1999, anche alla luce del recente accordo contro la doppia imposizione che consente oggi un proficuo scambio di informazioni tra Hong Kong e l’Italia.