Intervista al CEO Asia di Imetec

imetec asia
SHANGHAI: La storia di Imetec è quella di una tipica piccola azienda italiana, che ha avuto però la lungimiranza di entrare da subito nel mercato cinese. Fabbrica e vende piccoli elettrodomestici, ha la sede principale ad Azzano San Paolo, davanti all’aeroporto di Orio al Serio, in provincia di Bergamo, e tre filiali in Germania, Inghilterra e Cina. Nata nel 1974, conta oggi circa duecentocinquanta dipendenti, per lo più impiegati in attività di marketing, commerciali e sviluppo di nuovi prodotti. Imetec è leader in Europa nel suo settore. L’azienda è in forte espansione all’estero, anche se per il momento il 60% del fatturato – circa 130 milioni di euro nel 2005 – proviene dall’Italia.Imetec è stata una società “pioniera” accanto alle multinazionali in Asia, dove fin dal 1990 acquista i propri prodotti. La trading di Shanghai, controllata da Imetec al 100% e coadiuvata dalla branch di Shenzhen, è operativa dall’inizio del 2006 e gestisce le vendite in Cina, Giappone, Corea e Taiwan. Responsabile dell’area asiatica è Paolo Morgandi, residente a Shanghai ma sempre in viaggio da un paese all’altro.

 

Corriere Asia: Lavoro stancante?

Paolo Morgandi: Sì, perché è tutto ancora da costruire. Ma un’esperienza di lavoro in Cina è come un bel colpo d’accelleratore: si acquisiscono in due anni le competenze che in Italia si raggiungerebbero in dieci.

Corriere Asia: Perché Shanghai?

Paolo Morgandi: Abbiamo fatto un semplice ragionamento: per vendere nei mercati asiatici, è necessario capirli e controllarli da vicino. Abbiamo scelto Shanghai perché è una base economicamente vantaggiosa, dinamica e strategica.

Corriere Asia: Quanti fornitori avete?

Paolo Morgandi: Circa una quindicina, ma il 70% delle merci è fornito da tre società asiatiche che conosciamo fin da quando abbiamo iniziato a lavorare in Cina. In quindici anni, le abbiamo aiutate a crescere, costruendo un bel rapporto che dura tuttora.

Corriere Asia: Come si è evoluto il vostro piano di sviluppo in Asia da allora?

Paolo Morgandi: Mentre all’inizio acquistavamo in Cina prodotti finiti, ora li progettiamo, lasciando ai nostri partner l’industrializzazione del progetto, pur mantenendo sotto controllo tutto il processo. Un cambio di rotta necessario in un mercato sempre più competitivo e dove oggi a contare sono più che mai qualità e unicità del prodotto. Il design è sviluppato in collaborazione con i miglior designer italiani.

Corriere Asia: Quali sono i vostri competitori italiani?

Paolo Morgandi: In questo settore, estremamente competitivo, sono rimaste purtoppo poche aziende italiane in grado di giocare un ruolo di primo piano, soprattutto all’estero. Da parte nostra pensiamo di essere in grado di generare innovazioni interessanti, che siamo certi ci permetteranno di penetrare poco alla volta diversi mercati esteri.

L’ “italianità” del prodotto e del design è spesso un vantaggio, ma senza una strategia commerciale e industriale vincente non si va lontano.

Corriere Asia: Quali sono i vostri mercati target in Asia?

Paolo Morgandi: Stiamo già vendendo bene in Corea del Sud e a Taiwan, e inizieremo presto in Giappone. Con il nuovo anno, prevediamo di aprire il mercato cinese, non appena le autorità rilasceranno l’autorizzazione di vendita ai nostri fornitori. Gli inghippi burocratici non hanno mai fine in Cina.

Corriere Asia: Mettere piede in Cina vi ha facilitato la vita?

Paolo Morgandi: Al contrario: autorizzazioni, operazioni bancarie, pagamenti, trasferimenti di capitali, tutto è rallentato da controlli infiniti. Un esempio? in Cina servono una marea di certificati per ogni movimento di valuta. Provate a fare una triangolazione in valuta estero su estero o Cina su estero e vi accorgerete che non si muove un dollaro senza le necessarie autorizzazioni. Del resto, restando in Italia, queste cose difficilmente si apprendono.

Marzia De Giuli

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