Investimenti a Singapore e Hong Kong: black list e novità CFC

Investire in Asia tramite una sub-holding in Hong Kong o Singapore e’ una soluzione spesso valutata dagli investitori stranieri. La Special Administrative Region di Hong Kong e’ considerata un veicolo utile per gli investimenti in Cina e Asia Nord Orientale, mentre Singapore, anche grazie al rilevante numero di accordi in materia di doppia imposizione siglati con paesi, esteri e’ l’ hub ideale per il Sud Est Asiatico. I due paesi presentano sistemi amministrativi molto efficienti e un regime fiscale agevolato ma bisogna valutare l’impatto della normativa CFC per gli investitori italiani. Il legislatore italiano ha previsto tre black list: – D.M. 4 maggio 1999 – residenza delle persone fisiche – D.M. 21 novembre 1999 – nromativa Cfc – D.M. 23 gennaio 2002 – deducibilità dei costi provenienti dal paesi black list. Nel D.M. 21/11/2001 sono stati inseriti i Paesi considerati a fiscalità privilegiata (o black list) in quanto, relativamente alla normativa Cfc di cui all’art 167 del Testo unico sulle imposte dirette (di seguito Tuir), oltre ad avere un livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia non consentono un adeguato scambio d’informazioni. Hong Kong e Singapore sono state inserite nell’art. 1 del D.M. con la conseguenza che tutte le società ivi residenti oppure domiciliate sono considerate black list al 100% senza le limitazioni applicabili ai Paesi inseriti nei successivi artt. 2 e 3. Riflessi fiscali italiani per gli investitori che operano a Hong Kong e Singapore Il legislatore italiano ha modificato nel mese di luglio 2009, con il decreto anticrisi, la disciplina contenuta nell’art. 167 del Tuir a cui soggiacciono, tra l’altro, le imprese e le persone fisiche che detengono partecipazioni di controllo in società estere localizzate in paesi a fiscalità privilegiata. Tale disciplina, nota come C.F.C. (acronimo di Controlled Foreign Companies), prevede l’imputazione per trasparenza degli utili dalla Cfc direttamente in capo ai soggetti residenti in Italia, senza attendere l’effettiva distribuzione degli stessi. E’ possibile chiedere la disapplicazione della disciplina Cfc [cause esimenti contenute nell’art. 167 tuir, comma 5, lettere a) e b)] relativamente alla propria controllata estera, presentando obbligatoriamente apposito interpello all’Amministrazione finanziaria. Collegamento fisico della struttura e attività svolta nel paese – Esimente lettera a) Per dimostrare il collegamento fisico della struttura commerciale o industriale della società estera controllata con il territorio Cfc bisogna presentare la seguente documentazione: scritture contabili della partecipata estera, prospetto descrittivo dell’attività esercitata, contratti di locazione degli immobili adibiti a sede degli uffici e dell’attività, copia delle utenze elettriche e telefoniche relative agli uffici e agli altri immobili utilizzati, contratti di lavoro dei dipendenti che indichino il luogo di prestazione dell’attività lavorativa e le mansioni svolte, conti correnti bancari accesi presso istituti locali, estratti dei conti bancari che diano evidenza delle movimentazioni finanziarie relative alle attività esercitate, copia dei contratti di assicurazione relativi ai dipendenti e agli uffici, autorizzazioni sanitarie e amministrative relative all’attività e all’uso dei locali. Per dimostrare che l’attività svolta nel paese Cfc è quella principale deve essere quantitativamente superiore ad altre attività comunque svolte. Inoltre, l’attività commerciale o industriale deve essere principale con riferimento non all’ambito territoriale globale, bensì all’ambito territoriale nello Stato o nel territorio nel quale ha sede la società estera. Nel caso in cui venga presentata istanza di interpello e la stessa non contenesse informazioni dettagliate al riguardo, sarebbe necessario allegare un prospetto che illustri la ripartizione delle diverse attività condotte e l’eventuale dettaglio distintamente per i diversi paesi in cui l’attività venga svolta. Localizzazione dei redditi in paesi non a fiscalita’ agevolata – Esimente lettera b) Per dimostrare che dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in un Paese a fiscalità privilegiata bisogna dimostrare che i redditi conseguiti dal soggetto non residente (estero black list) sono stati prodotti per almeno il 75% in Stati inclusi nella white list (Stati “virtuosi”) a condizione che il paese da dove provengono (Stato della fonte) li abbia assoggettati integralmente a tassazione ordinaria. L’art. 13 del D.L. 78/2009 (decreto anticrisi) ha modificato solo la prima esimente contenuta nel comma 5 lettera a) dell’art. 167 del Tuir, precisando che l’attività della società estera controllata deve essere svolta non più nello Stato o Territorio nel quale ha sede, bensì nel mercato dello Stato o Territorio d’insediamento. Tale precisazione comporta per l’investitore italiano la necessità di dimostrare non solo la mera disponibilità in loco di una struttura organizzativa, ma anche la presenza di ulteriori fattori di connessione con lo Stato d’insediamento. Un’attività si considera radicata nello Stato estero quando la stessa è costituita allo scopo di “…partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio…” (Corte di Giustizia delle Comunità Europee 12 settembre 2006, causa C-196/04 – Cadbury Schweppes). In altri termini, allo scopo di escludere l’artificiosità della struttura estera, il radicamento diventa un elemento rilevante per provare che la CFC svolge nel territorio in cui è localizzata un’effettiva attività industriale o commerciale. Ne consegue che per invocare la prima esimente la disponibilità in loco da parte della società estera di una struttura organizzativa idonea è condizione necessaria, ma può risultare non sufficiente. Per le attività bancarie, finanziarie e assicurative la prima esimente si verifica quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio d’insediamento. L’Amministrazione finanziaria ha in vari casi interpretato (es. RM 128/2009) estensivamente il concetto di mercato locale estendendolo al mercato regionale contiguo al territorio o Stato estero. Ad esempio ciò porterebbe a riconoscere l’esimente per le controllate estere localizzate a Hong Kong oppure a Singapore che svolgono un’attività economica per il mercato del sud-est asiatico. La conseguenza di ciò è che sono state escluse dalla prima esimente le c.d. “Passive income companies”, ossia è stata prevista l’esclusione della esimente relativa al collegamento nel mercato dello Stato o Territorio d’insediamento per la controllata estera Cfc i cui proventi derivino per oltre il 50%: • dalla gestione, detenzione o investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività, • dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica (royalties), • da prestazioni di servizi infragruppo. Resta sempre comunque possibile il ricorso alla seconda esimente prevista dalla lettera b) del comma 5 dell’art. 167 (che non è stata modificata), fornendo la prova che la partecipazione detenuta non ha la finalità di localizzare i redditi in un Paese a fiscalità privilegiata. Tra le novita’ di rilievo in ambito Cfc in relazione sia a soggetti black list che a soggetti white list e quindi anche per paesi differenti al caso di Hong Kong e Singapore vi e’ la Circolare 23 del 2011 che dettaglia e chiarisce termini e modalita’ di presentazione dell’interpello disapplicativo per la disciplina Cfc. Entro il 30 giugno 2011, inbase alla circolare 23/E 2011 andava infatti presentato l’interpello disapplicativo dal regime delle società controllate estere. Per gruppi societari con più società intermedie residenti, l’interpello deve essere presentato dalla controllante residente “di ultimo livello” o, in alternativa dalla controllante italiana di primo livello. Un soggetto residente in Italia che controlla una società estera non black list, i cui proventi derivano per oltre il 50% dalla gestione individuale o collettiva di patrimoni per conto terzi, non rientra nella disciplina Cfc rule e non deve presentare interpello, purché il soggetto sia qualificato come intermediario finanziario ai sensi della legislazione vigente nello Stato di insediamento. In caso di controllata estera “non black list” il tax rate domestico si calcola con le regole ordinarie del reddito d’impresa previste in Italia. Solo in caso di tassazione per trasparenza occorre considerare disposizioni extra Tuir e quelle relative all’indeducibilità degli interessi passivi. Lorenzo Riccardi – Dottore commercialista, Shanghai
lr@rsa-tax.com – RsA Asia

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