Japan, disastro e necessità di ripresa: fra allarmismi mediatici e operosità giapponese.

TOKYO: Non è solo un dramma umano quello che sconvolge la società giapponese in questi giorni dopo il feroce terremoto e tsunami che ha ferito e mutato radicalmente il territorio della prefettura di Miyagi e spazzato via migliaia di vite. Il problema ora si amplifica e raggiunge una portata che coinvolge, in un fitto sistema di convergenze strutturali drammaticamente coinvolte, fattori che riguardano l’approvvigionamento di alimenti di prima necessità, energia e mezzi di trasporto. La logistica è in ginocchio e le relazioni commerciali con partners commerciali anche in Italia sono già pericolosamente compromesse. I giapponesi rispondono con pacatezza e fermezza, fiducia nello Stato e voglia di ripresa quasi in una confuciana dedizione per ciò che è giusto fare in termini di dedizione alla propria società e utilità comune.

Anche se le notizie di cronaca pongono giustamente l’accento sul dramma umano e sulla furia distruttiva delle forze naturali convogliate ora nello spettro del disastro nucleare, gli economisti stanno già analizzando gli elementi che lasciano pensare ad un aumento del debito pubblico giapponese per il processo di ricostruzione, insieme ad una macchina commerciale che verrà fortemente debilitata nel budgeting di lungo termine. I Giapponesi lo sanno, e lo tengono a mente in ogni gesto di accettazione, di detrazione alimentare, di malfunzionamento delle vie di comunicazione profondamente condizionate dagli spostamenti interni dalle regioni di nord est.

La crescita del risanamento, come venne chiamata anche quella che segui il disastro di Kobe del 94, che potrebbe far pensare a una ripresa di alcuni settori cardine per la ricostruzione delle area distrutte, sarà fittizia e di breve durata se confrontata con il debito pubblico che sfiora già attualmente il 200% del GDP e che sarà sicuramente in aumento a seguito della necessaria e vitale opera di supporto alle aree colpite dal cataclisma.

I servizi dei tg nostrani si soffermano sulle immagini dello scoppio di Fukushima e alimentano la sofferenza dello spettro di pericolo nucleare, decine di pagine per servizi sui quotidiani ed esperti coinvolti nei talk show televisivi oggi più che mai accalorati al tema della tragedia giapponese.

La stampa giapponese mantiene un unico bollettino aggiornato con info e statistiche minuziose, la classe politica si rivolge direttamente alla società con conferenze stampa multiple al giorno, funzionali e sintetiche; è come se i media giapponesi lascino spazio all’altro Giappone, a quello fatto di milioni di persone che oggi come ieri lavorano e producono e mantengono alta la fiducia nel sistema. Anche se condizionati dal terrore del dramma ancora vivo (ancora oggi la terra ha continuato a tremare), i giapponesi partecipano con propositività alla contingenza che li vede oggi ancora più che mai attanagliati dall’incubo di una crisi economica e morsa inflazionistica.

La macchina mediatica giapponese valorizza un controllo preciso e funzionale nelle informazioni diffuse nella società civile: l’interesse mira a contenere realmente falsi allarmismi e nel rendere funzionale e subitamente una ripresa delle aree ancora operative anche se vicine al centro del disastro. Come dire che i giapponesi stanno rispondendo al danno con il lavoro, all’allarmismo con la pacatezza e la fiducia nel sistema.

Spesso mi stupisco quando mi trovo a spiegare, in momenti di forte drammaticità a volte condizionata da una lente di osservazione non consona o obiettiva, che le immagini con decine di giapponesi in fila per le razioni di acqua e benzina, con una maschera in volto, non sta ad indicare il terrore da radiazione o da epidemia, ma semplicemente il rispetto per il contatto con gli altri anche durante una semplice influenza o malessere personale.

Nessun contagio, nessuna rassegnazione di fronte al male che sta per incombere. Certo con questo non si sminuisce un ricordo, quello della sofferenza storica nei confronti del disastro nucleare di hiroshima, che anima e commuove la sensibilità giapponese; ma il generalizzare e condizionare in ottica non coerente e consapevole di sicuro non aiuta la trattazione di un tema delicato sotto il profilo amministrativo, economico e soprattutto umano.

Paolo Cacciato

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