Le “Free Trade Zone” Zone di libero scambio in Cina

Cina free trade zone

Cosa è una “Free Trade Zone”

Una Free Trade Zone (FTZ o Zona di Libero Scambio) si caratterizza per essere un’area geografica all’interno di un paese nella quale aziende domestiche ed estere possono importare materiali, svolgere attività di produzione, movimentare beni ed esportare prodotti finiti senza essere soggetti a tariffe o con imposizione di tariffe ridotte rispetto al resto della nazione. Le FTZ sono generalmente organizzate nelle vicinanze di centri nevralgici o di aree con vantaggi geografici al commercio come porti, aeroporti o frontiere.

Il modello Libero Scambio di Shanghai

Il modello di Free Trade Zone, inaugurato a Shanghai nel 2013, è stato e continuerà ad essere una risorsa per le aziende italiane che intendono insediarsi sul territorio o utilizzare quest’area come base per i paesi asiatici vicini. I vantaggi burocratici, doganali e valutari sono numerosi e, a titolo esemplificativo e non esaustivo, si segnalano:
  • Gli investimenti stranieri non presenti nella negative list sono permessi e non hanno bisogno di approvazione da parte delle autorità cinesi
  • Maggiore apertura nel settore dei servizi e del manifatturiero
  • Registrazione della società più semplice e veloce
  • I beni importati sono esenti da dazi e possono essere scambiati all’interno dell’area senza pagamento dell’IVA
  • Controllo ex-post e non ex-ante per operazioni bancarie e istituzioni finanziarie
  • Semplificazione procedure doganali
  • Esenzione dazi e IVA su macchinari utilizzati da società manifatturiere nella zona
  • Gli investimenti effettuati da società di Shanghai verso l’estero sono soggetti solo a registrazione, non autorizzazione
Prime ad aprirsi al mondo esterno, le zone economiche speciali possono “capitalizzare” questa esperienza; possono cioè fruire dei vantaggi acquisiti con il ruolo di “zone pilota” e di “zone motrici”, sfruttando un numero di infrastrutture sempre crescente e sempre più adeguato alle necessità. Un altro aspetto interessante riguarda il processo di specializzazione di queste zone economiche, soprattutto nei settori industriali d’avanguardia, a tecnologia avanzata e nei servizi. L’imponente crescita economica comporta che nessuna società italiana che voglia internazionalizzarsi possa ignorare il mercato cinese ed in particolare le aree di libero scambio, prima fra tutte quella di Shanghai. Le opportunità commerciali sono numerose – occorre tuttavia avere una conoscenza delle dinamiche settoriali e locali in preparazione all’ingresso nel mercato. Le sette industrie emergenti che, secondo le previsioni, rappresenteranno il 15% del PIL totale della Cina sono:
  • Risparmio energetico e protezione ambientale
  • Tecnologie informatiche di ultima generazione
  • Biotecnologie
  • Produzione di macchinari avanzati
  • Energie alternative
  • Nuovi materiali
  • Veicoli ecologici
Va inoltre ricordato che dal settembre 2015 è stata introdotta una facilitazione per l’ottenimento di visti o permessi di residenza: gli individui stranieri in possesso dei requisiti possono ricevere offerte di impiego da società dell’area di libero scambio di Shanghai, attraverso un invito in forma elettronica e usufruire della procedura “visa on arrival”

Espansione dell’area di libero scambio di Shanghai e recente istituzione di nuove zone speciali

Nel 2016 la zona di libero scambio di Shanghai è stata ampliata di 121 km2 (inclusione del distretto finanziario di Lujiazui). A livello nazionale sono state aggiunte nuove zone di libero scambio, in cui trova spazio una forma di economia di libero scambio
  1. la zona di libero scambio Tianjin è la prima nel suo genere in cui il leasing di finanziamento gioca un ruolo importante. In primo piano tuttavia vi sono la promozione economica e lo sviluppo infrastrutturale in Cina settentrionale. A tale proposito vi è ora anche un modello speciale di “public-private partnership”. La zona speciale di Tianjin si rivolge prevalentemente a imprese di servizi (commercio, finanziamenti, logistica), nonché a imprese con produzione high end nei settori aerospaziale, attrezzature, IT, R&D e design.
  2. la zona di libero scambio del Guangdong serve soprattutto alla promozione dello scambio tra Hong Kong e Macao e si orienta in prevalenza a imprese dei settori IT, high tech, trasporto e logistica, finanza, turismo e cultura.
  3. la zona di libero scambio di Fujian vuole in primo luogo semplificare la procedura “one-form application” di costituzione di imprese e rappresenta la componente principale per il nuovo lancio della “via della seta marittima” e per lo sviluppo di modelli di business innovativi.

Le Zone di Libero Scambio in Cina

Sette nuove aree di libero scambio per il futuro

Sette nuove zone di libero scambio verranno create in Cina, oltre alle quattro che già esistono nel paese. Lo ha recentemente annunciato il Consiglio di Stato cinese, secondo cui le nuove zone saranno costituite nelle province di Liaoning, Zhejiang, Henan, Hubei, Sichuan e Shaanxi, nonché nel comune di Chongqing. A luglio 2016, il Consiglio di Stato ha facilitato le regole per gli investitori stranieri nelle quattro aree. Tra le misure adottate dalle autorità, c’è stata la concessione di un permesso temporaneo per tutti quegli investitori che vogliano stabilire società nelle zone di libero scambio.                       Le sette nuove zone di libero scambio (Liaoning, Zhejiang, Henan, Hubei, Sichuan, Shaanxi, Chongqing) sono diventate operative dal 1 aprile 2017. La presenza italiana in Cina In dieci anni l’Italia è diventata l’ottavo Paese investitore e il quinto partner commerciale della Cina. Questo dato, così come la costante crescita dell’economia cinese, è destinato a incrementare ulteriormente.

Shanghai Free Trade Zone e Piano quinquennale 2016-2020

Le previsioni di ulteriore crescita economica e di una ancora maggiore opportunità d’investimento in Cina è evidente dalla lettura della bozza del Piano quinquennale 2016 – 2020, avente ad oggetto la strategia per lo sviluppo economico e sociale del Paese. Di seguito i punti principali del Piano, dove sono indicati i principali obiettivi della Cina a breve e lungo termine: 1. L’economia cinese, al momento la seconda a livello mondiale, dovrebbe avere una crescita media del 6,5% annuo nel periodo in questione. Il Pil salirà dai 67.700 miliardi RMB (10.400 miliardi USD) del 2015 a più di 92.700 miliardi RMB nel 2020. 2. Il settore dei servizi rappresenterà il 56% del Pil entro il 2020, a fronte del 50,5% del 2015. Il nuovo presidente Xi Jinping ha fatto della trasformazione dell’economia cinese una priorità assoluta: vuole traghettare il Paese da un modello industriale tutto votato all’esportazione, a uno più equilibrato e fondato maggiormente sulla domanda interna, in modo da ridurre la dipendenza dalla congiuntura internazionale. 3. Nel 2016 la spesa per la difesa è stata di circa 954,3 miliardi RMB (circa 146 miliardi USD), in aumento del 7,6% sul 2015. Si tratta dell’incremento più basso degli ultimi sei anni. 4. Pechino vuole mantenere il consumo energetico complessivo sotto i cinque miliardi di tonnellate di carbone entro il 2020 (a fronte di un consumo nel solo 2015 di 4,3 miliardi di tonnellate). Con le città cinesi sempre più inquinate e i cittadini sempre più preoccupati, il tema ambientale è entrato a far parte delle priorità dei piani governativi. Da qui la necessità di ridurre l’intensità energetica dell’industria e di convertire la mobilità verso mezzi di trasporto meno energivori, come ferrovie e metropolitane. Proprio per questo la Cina punta a ridurre i consumi energetici e le emissioni per unità di Pil rispettivamente del 15% e del 18% entro il 2020 rispetto ai livelli del 2015. 5. Pechino intende aumentare la sua capacità di produzione di energia da fonti nucleari raggiungendo 58 gigawatt di potenza installata entro il 2020. Attualmente sono in costruzione circa 26,7 gigawatt. 6. Il governo cinese vuole costruire nuove tratte ferroviarie ad alta velocità, passando dagli attuali 19 mila chilometri a circa 30 mila chilometri nel 2020. Inoltre intende costruire altri 50 aeroporti civili. 8. Il Piano si propone di aumentare la crescita del reddito pro capite del 6,5% all’anno e oltre. Nel 2015 la crescita è stata del 7,4%. L’obiettivo per costruire una società «moderatamente prospera», come la definisce Pechino, è quello di raddoppiare il prodotto interno lordo del 2010 entro il 2020. 9. È prevista l’eliminazione delle «zombie enterprises», le imprese statali improduttive, e il ridimensionamento dei comparti che soffrono di sovrapproduzione, un’operazione che potrebbe però costare a Pechino diversi milioni di posti di lavoro. Secondo le ultime indiscrezioni, sono a rischio circa sei milioni di posti di lavoro, 1,8 milioni dei quali nei soli settori del carbone e dell’acciaio. Il tema del lavoro è al centro del piano strategico. L’obiettivo è creare 50 milioni di posti di lavoro nelle aree urbane in cinque anni. 10. La dirigenza del partito si propone di raggiungere il target del 60% dei residenti urbani permanenti sul totale della popolazione cinese (attualmente la percentuale è al 56,1%). La percentuale di persone con l’«hukou» (il sistema di certificazione di residenza della Repubblica Popolare Cinese) raggiungerà il 45% della popolazione. L’ambasciatore Li Ruiyu, al forum One Belt One Road e l’Italia del 11 aprile 2016, ha dichiarato che “nel periodo di competenza del Tredicesimo Piano quinquennale, la Cina non smetterà di elevare il proprio grado di apertura all’estero, procedendo alla costruzione di OBOR (progetto sul quale si rinvia al paragrafo successivo) e la cooperazione industriale internazionale, ponendo in essere nel suo insieme il sistema di gestione basato su trattamento nazionale prestabilito e lista negativa, incoraggiando l’internazionalizzazione delle imprese, accelerando la realizzazione della strategia delle zone di libero scambio, favorendo la liberalizzazione degli investimenti commerciali e costruendo insieme un sistema di scambi commerciali internazionali che sia equo, mutuamente vantaggioso ed inclusivo

Il Progetto One Belt One Road e il possibile ruolo dell’Italia

All’interno della politica volta ad attrarre sempre più gli investimenti esteri in Cina, possiamo inquadrare, oltre all’istituzione delle zone di libero scambio, anche l’ambizioso progetto One Belt One Road (OBOR). Il progetto, meglio noto come “Nuova via della seta” è un’iniziativa strategica della Cina per il miglioramento dei collegamenti e della cooperazione tra paesi nell’Eurasia, progetto quindi che potrebbe coinvolgere anche l’Italia. Partendo dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, la strategia mira a promuovere il ruolo della Cina nelle relazioni globali, favorendo i flussi di investimenti internazionali e gli sbocchi commerciali per le produzioni cinesi. Considerando che una delle finalità dell’OBOR è l’integrazione economica tra i Paesi lungo la Nuova Via della Seta (attraverso una più efficiente interconnettività infrastrutturale tra gli stessi), le nuove migliorie infrastrutturali e burocratiche condurranno ad un aumento degli scambi commerciali tra i Paesi OBOR. Dato che la Cina è il principale mercato per dimensione e prospettive di crescita lungo la OBOR, si assisterà ad un ulteriore incremento delle esportazioni verso la Cina nei prossimi anni. La posizione strategica nel contesto marittimo attribuirebbe all’Italia il naturale ruolo di principale porta di ingresso in Europa per le merci cinesi e dell’Estremo Oriente.
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