Tra le opportunità la Cina offre alle imprese estere (investitori) la stabilità interna e l’evoluzione dei consumi, anche su stimolo governativo. Le sfide invece che le imprese estere dovranno saper diligentemente affrontare saranno senz’altro l’aumento dei costi, la scarsità di risorse umane, il protezionismo, le pressioni competitive, le barriere all’entrata e le problematiche relative all’urbanizzazione.
Il Paese va verso una nuova normalità e modello di sviluppo industriale ecosostenibile. In primo luogo l’economia ha visto una transizione da un periodo a elevato tasso di crescita a uno a velocità medio-alta. In secondo luogo la struttura economica si sta ammodernando e migliorando. In terzo luogo, l’economia è sempre più trainata dall’innovazione e meno da input produttivi e investimenti. Il mondo e la stessa Cina, devono imparare a comprendere di adattarsi alla nuova normalità nel contesto degli equilibri dell’economia globalizzata. Quindi, occorre comprendere ed adattarsi alla nuova normalità e impostare la rotta della crescita verso i nuovi obiettivi del Paese. Il focus della crescita economica cambierà dalla quantità e velocità alla qualità ed efficienza. Lo slancio dell’economia deriva in maniera crescente da nuovi motori più che da vecchie fonti. La nuova normalità non ha cambiato l’importanza strategica di un periodo che vedrà grandi risultati né i fondamentali dell’economia cinese.
Con il III Plenum inizia per la Cina una nuova stagione di riforme per cercare un nuovo compromesso tra equità, società armoniosa-giustizia sociale, efficienza e sviluppo sostenibile. L’obiettivo è di ridurre i rischi finanziari ed economici, ridurre le distorsioni nell’allocazione di risorse e innalzare la crescita potenziale dell’economia, accelerare l’urbanizzazione ed il riequilibrio dell’economia. Il mercato dei prodotti e dei servizi (output) è stato liberalizzato completamente ma i mercati dei fattori di produzione (input) sono ancora interessati da distorsioni. Sono 60 le iniziative di riforma e 130 le misure lanciate.
Le riforme riguardano: Il miglioramento della rete di sicurezza sociale contribuirà ad un incremento dei consumi, riducendo il risparmio precauzionale della popolazione; La Cina ha creato un sistema di copertura assicurativa medica universale, sia a livello urbano che rurale; è stata stabilita una pensione minima anche per i pensionati nelle aree rurali, che prima si affidavano a soluzioni tradizionali di assicurazione; la riforma della terra trasferirà di fatto la proprietà della terra dallo Stato ai contadini creando un notevole effetto di generazione patrimoniale che stimolerà i consumi; verranno unificati i sistemi pensionistici e ciò migliorerà il sistema di welfare cinese; verranno create nuove unità abitative per i cittadini a basso reddito e saranno messe a miglior uso l’invenduto; altre riforme nell’istruzione e nel settore sanitario favoriranno minori risparmi precauzionali e maggiori consumi.
Il grande sogno dei cinesi, secondo la visione e il nuovo programma di sviluppo di Xi Jinping: società moderatamente benestante nel 2021 (100 anni da nascita Partito); Paese pienamente sviluppato nel 2049 (100 anni da nascita RPC) ; R&S, Paese innovativo nel 2020 e leader nella tecnologia nel 2050.
Quindi, la fine della crescita a doppia cifra, non è un dramma ma solo l’inizio di una nuova normalità: Il Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato che nel corso del 2014 la Cina ha superato gli USA diventando la prima economia del mondo dopo 142 anni di dominio americano. Entro il 2019 la Cina, diventerà secondo l’FMI 20% più grande degli USA. Secondo gli analisti sarà l’economia più grande del mondo anche in senso assoluto (senza aggiustamenti in base ai relativi costi della vita) tra il 2020 ed il 2030.
Per sostenere la crescita economica il Governo continua a rafforzare il piano di sviluppo attraverso gli investimenti ed il sostegno pubblico, aumentato il deficit, per dare stimolo all’economia dei consumi interni.
Lo stimolo ai consumi viene esercitata anche attraverso la riforme del lavoro e la crescita del valore aggiunto sulla produzione: maggiore produttività del lavoro, maggiori salari, come la legge sul contratto di lavoro (2008) è stata una mossa tattica per alzare il reddito minimo e medio della popolazione. La classe medio bassa ha trainato la crescita dei consumi fino al 2006 in futuro sarà la classe medio alta ad essere il driver principale: 45% dei residenti urbani e 40% dei consumi. L’emergere della classe media inciderà sul rapporto consumi/ reddito disponibile dal 76% nel 2012 all’82% entro il 2020. I consumi della Cina rappresenta il più grande mercato al mondo, basta fare un’analisi sugli utenti connessi alla rete internet da telefono mobile pari a 557 milioni e da computer 91 milioni, con ulteriori spazi di crescita a doppia cifra.
La Cina non produce o esporta solo magliette o prodotti con scarsa tecnologia o a basso valore aggiunto, un grave errore pensare in questi termini. Di seguito i top 10 settori di export italiano in Cina: macchinari e tecnologia nucleare; prodotti chimici; articoli in pelle e cuoio; tessile; mezzi di trasporto; macchinari e attrezzature elettriche; metalli e articoli in metallo; strumenti musicali, ottici, fotografici; Articoli in plastica e gomma; scarpe e accessori. Il top 10 dei settori export cinese in Italia: tessile; Macchinari e tecnologia nucleare; macchinari e attrezzature elettriche; metalli e articoli in metallo; miscellanea, articoli generici; prodotti chimici; articoli in plastica e gomma; scarpe e accessori; strumenti musicali, ottici, fotografici; articoli in pelle e cuoio.
La Cina continua ad attrarre sul proprio territorio investimenti diretti esteri (IDE) diventando la destinazione principale di investimenti al mondo. Il Paese a sua volta reinveste nel mondo in diversi settori quali agricoltura, minerario, manifatturiero, produzione e offerta elettricità, gas, acqua, costruzioni, logistica, IT, vendita all’ingrosso e retail Real Estate, leasing e servizi commerciali ed altro. Dove investono i Cinesi nel mondo ed in Europa: Hong Kong, Isole Cayman, Stati Uniti, Australia, Isole Vergini, Singapore, Indonesia, Gran Bretagna, Lussemburgo e Russia mentre in Europa investono principalmente in Gran Bretagna, Lussemburgo, Russia, Germania, Francia, Olanda, Norvegia, Svezia, Svizzera, Irlanda.
Investimenti diretti cinesi in Italia
Se il 2014 è stato l’Anno d’Oro degli investimenti cinesi in Italia, il 2015 è stato l’anno di Platino, come conferma il recente caso Pirelli. Nella grande maggioranza dei casi l’investitore cinese detiene il controllo dell’impresa italiana partecipata, in misura analoga a quanto avviene per le multinazionali dei Paesi avanzati: le imprese a controllo cinese sono infatti 203. Le imprese partecipate si ripartiscono quasi equamente tra i diversi comparti di attività, ma sono concentrate per i ¾ nelle regioni settentrionali; le modalità di ingresso: su 235 imprese a partecipazione cinese, 155 oggetto di investimento greenfield; per le imprese italiane che intendono svilupparsi sul mercato interno cinese ma mancano di risorse finanziarie, accogliere investitori finanziari e strategici cinesi nella compagine societaria in Italia può essere strumentale all’ingresso ed alla crescita in Cina.
La demografia: un problema a lungo termine: 1,37 miliardi nel 2014; rapporto di genere alla nascita M/F: 115,88; invecchiamento precoce: tema sistema previdenza sociale; la prima generazione di figli unici, i cui genitori andranno in pensione tra circa 10 anni, si sta facendo carico di affrontare il peso fiscale del 4-2-1; la contrazione della forza lavoro. La chiave per rispondere alla sfida demografica è la ristrutturazione dell’economia attraverso la revisione più liberale della politica del figlio unico già in vigore dal 1° gennaio 2016. Occorre prepararsi, da un punto di vista burocratico/pratico. Crescono invece il numero dei laureti nel 2000 erano meno di 1 milione, nel 2010 il Paese ha superato la quota dei 5 milioni di laureati e nel 2014 siamo a quota 6,59 milioni di laureati.
Ambiente: la Cina continua ad investire, centinaia di miliardi di euro ogni anno, nel settore ambientale ed attuando politiche più politiche più restrittive con la nuova legge sulla protezione ambientale nel 2015: tra le 10 città più inquinate del mondo, 7 sono cinesi! I temi ambientali sono quindi prioritari per il Governo, anche se crescita economica tende ancora a prevalere sull’ambiente anche se, la tendenza va verso la riduzione dei consumi energetici, obiettivi ambientali e di efficienza energetica.
Protezionismo e sostegno alle imprese domestiche contro maggiori aperture al commercio. Il protezionismo si estrinseca su più dimensioni: dal lato della domanda, con un controllo sul mercato tramite aste e bandi pubblici gestiti in maniera tale da favorire i player locali e dal lato dell’offerta, con la restrizione agli investimenti in determinati settori e nicchie. Il protezionismo si manifesta anche nell’accesso al credito, con le imprese statali che godono di accesso privilegiato in termini di requisiti e di condizioni economiche. I concorrenti cinesi sono anche più competitivi per il marketing e le vendite, e meglio si adattano alle nuove esigenze di un mercato di consumo. Il protezionismo dipende dal livello di importanza strategica dei settori, dall’esistenza di operatori statali ed anche dalla facilità di controllo da parte delle autorità dei settori stessi. È possibile che in futuro il settore dei macchinari avanzati, ed in particolare quello dei macchinari strumentali, siano sottoposti a misure protezionistiche. Il Governo ha cambiato l’approccio nei confronti delle multinazionali estere, è diventato più selettivo rivedendo le politiche d’attrazione degli investimenti ed i privilegi per le imprese a partecipazione estera. Nello stesso tempo, le imprese estere hanno percepito soprattutto negli ultimi due anni di essere prese di mira dalle autorità nel contesto della campagna anti- corruzione. I costi di produzione continuano ad aumentare a seguito della crescita rapida dei costi aziendali e del lavoro con l’impennata nella retribuzione del lavoro industriale, di natura strutturale che avrà un impatto, sulle strategie di sviluppo/revisione della localizzazione.
Risorse umane: aumentano le sfide che scaturiscono da una scarsità continua di personale qualificate (ma lieve miglioramento per studi all’estero e miglioramento università cinesi) ed elevata rotazione (per miglioramento stipendi/opportunità carriera-formazione-prospettive successo impresa); aumento dei salari di riferimento; scelta del management tra locali ed espatriati; previdenza sociale per gli stranieri. Importanti aziende hanno sottolineato come in non pochi casi hanno dovuto porre un freno alla propria crescita perché non avevano sufficiente personale per poter gestire al meglio tutte le attività. Le richieste delle aziende internazionali sono sempre più sofisticate in termini non solo di competenza tecnica, ma anche di competenze gestionali e manageriali. Diventa quindi chiave la capacità di costruire, sviluppare e motivare le persone. La guerra dei talenti non è più solo tra multinazionali! Competizione crescente!
Manager esteri per sostenere lo sviluppo e l’innovazione dei cicli produttivi: dopo una tendenza alla diminuzione dei pacchetti retributivi dei manager espatriati in Cina, oggi la spesa per attrarre manager esteri nel Paese potrebbe tornare a crescere in quanto le avverse condizioni di vita in Cina (inquinamento, insicurezza alimentare) ed un atteggiamento di minor apertura agli immigrati da parte delle autorità stanno comportando un numero più elevato di espatriati che lasciano il Paese rispetto a quelli che decidono di entrare in Cina. Negli ultimi anni la strategia delle aziende internazionali è andata verso una sempre maggiore localizzazione sul mercato che passa anche attraverso la riduzione del numero di staff non cinese. I cinque Paesi di più frequente assegnazione, 2014 (Fonte: Indagine Eca Italia 2015): Usa 27%, Emirati Arabi Uniti 19%, Cina 19%, Brasile 19% e Francia 16%.
Per le aziende che vogliono rimanere in Cina e rimanere competitive, il talent management è stato e sarà sempre più sarà la chiave del successo: “If you think that China is a cheap place for labour, think again!”. I motivi più comuni per l’invio di lavoratori in mobilità internazionale (Manager o altre professionalità provenienti dall’estero) sono dettate da: trasmissione delle conoscenze tecniche/Know how (36%) ; sviluppo di carriera (28%); colmare un gap di competenze (12%); esercitare controllo da parte delle corporate (8%); Gestione delle crisi (4%).
Il driver della crescita dei consumi è lo sviluppo delle città cinesi: La Cina è nel pieno del più rapido e grande processo di Tasso di urbanizzazione nella storia delle attuali 40 città ad elevato tasso di urbanizzazione ne entreranno in gioco 600 con un tasso di crescita di circa 15-20 milioni di persone all’anno che non è confinata alle città di prima fascia; la popolazione urbana crescerà di 230 milioni di persone tra oggi ed il 2020; il 70% dei cinesi vivrà in 600 città entro il 2035; la Cina ha oggi 127 città con oltre 1 milione di abitanti (Europa 35, usa 9!). Lo sviluppo dell’urbanizzazione va governato attraverso le riforme strutturali per sanare le attuali distorsioni.
I settori più interessanti: ecco le 7 industrie emergenti, che nel 2020 dovranno rappresentare, secondo gli obiettivi del governo, il 15% del Pil rispetto al 5% del 2010: risparmio energetico e protezione ambientale, tecnologie informatiche di ultima generazione; biotecnologie; produzione di macchinari avanzati; energie alternative; nuovi materiali; veicoli ecologici.
I cinque macro settori prioriatri oggetto di collaborazione governativa tra Cina e Italia, per cui il ministero dello Sviluppo Economico ha firmato un memorandum d’intesa con il Ministero del Commercio cinese (Mofcom) nel 2014: settore agricoltura ed industria agroalimentare, macchinari agricoli, macchine per la lavorazione alimentare, macchine per il confezionamento e l’imballaggio, fertilizzanti; settore ambiente e gestione dei rifiuti solidi, trattamento acque, bonifiche, veicoli ecologici, edilizia verde; settore efficientamento energetico; settore sanità, prodotti farmaceutici, macchinari e strumenti di diagnostica, servizi informatici, telemedicina/teleconsulto, progettazione residenze sanitarie assistenziali, impiantistica, allestimenti; settore urbanizzazione, progettazione di opere pubbliche, Infrastrutture di rete, Impiantistica ambientale, tecnologie e materiali innovativi per costruzioni ecosostenibili; settore avionica; altri settori: macchinari strumentali avanzati per applicazione nei seguenti settori clienti: ICT (telefonia mobile); automotive e componenti; avionica; elettrodomestici per la purificazione dell’aria e dell’acqua; fotovoltaico; eolico; stampaggio metalli; specialità chimiche, automazione e robotica industriale.
Opportunità settoriali: alimenti e bevande; sanitario-farmaceutico; vendite al dettaglio-retail; lusso; tecnologie ed energie pulite; protezione ambientale; prodotti chimici; macchinari; automotive.
La vera svolta, come dire una “new entry” per le imprese Italiane ed Europee è rappresentato dal settore dei servizi, dove sono previste politiche maggiore apertura nell’accesso di multinazionali, piccole, medie e grandi imprese nei comparto dei servizi, come dimostrano i primi esperimenti: SHANGHAI PILOT FREE TRADE ZONE.
Nuove strategie per cogliere le opportunità della Cina che cambia. Il successo sul mercato di massa cinese dipenderà dai seguenti fattori chiave: qualità a basso costo (valore); flessibilità e dinamismo; rapida innovazione di prodotto; distribuzione efficiente; marketing & branding efficaci; comprensione delle necessità del consumatore cinese. Fattori di successo gestionale: manager capaci; assegnare alla Cina un ruolo decisivo nel processo decisionale delle aziende; Parametri decisionali corretti.
Per adeguare il proprio modello di business alla Cina, per “farsi cinesi”, occorrerà competere con i cinesi sul loro stesso terreno: produzione e rete distributiva a basso costo; prendere in considerazione l’idea di spostarsi verso l’Occidente della Cina per sfruttare i vantaggi di costo esistenti; trovare un equilibrio tra i processi ad alta intensità di lavoro e l’automazione, riducendo il costo del lavoro.
Una strategia industriale di successo dovrà comunque fondarsi sul mantenimento di alcuni caratteri di differenziazione rispetto alle imprese locali. Competere esclusivamente su basi “cinesi” potrebbe non rivelarsi possibile né auspicabile in un’ottica di breve periodo (margini ridotti) o medio periodo (posizionamento di prodotto non differenziato).
Quale alternativa: concentrarsi sui mercati di fascia alta: la sfida è trovare il posizionamento giusto.
Nuove sfide per le imprese con strategie sempre più rispondenti: adattarsi al settore; presidiare il territorio attraverso gli investimenti delle nuove unità produttive del made in Italy, ottimizzazione dei canali per le vendite; eccellenza operativa; acquisizioni e disinvestimenti; strategia di portafoglio prodotti; la Cina come piattaforma di localizzazione e sviluppo prodotto; riforme e regolamentazioni.
Il quadro presenta indubbie complessità legate alla forte competizione in un Paese sempre più driver dell’economia mondiale: la Cina è sempre opportunità/Paese chiave. Adattare approcci e modelli alla nuova normalità. Nessuna società può permettersi di ignorare il mercato cinese.