L’esperienza di Shanghai: AICE riflette su Expo 2015. Creare risposte, alimentare aspettative, fare sistema

MILANO: E’ il momento dei fatti, la fase in cui oltre a concentrarsi sulla presentazione del tema è necessaria una profonda valorizzazione del marchio Italia spinta a tal punto da divenire strumento di compartecipazione sociale senza timori o manie di grandezza sulla falsa riga di quanto dimostrato nell’esperienza cinese. Questo il contenuto centrale del messaggio introdotto ieri da Giuseppe Sala, AD di Expo 2015 all’assemblea nazionale dell’Associazione Italiana Commercio Estero tenutasi a Milano alla presenza di imprenditori. La riflessione di Sala verte sulla necessità ormai non più rinviabile di rassicurare il network di partecipanti, vera e propria anima dell’Expo, segnalando non solo l’inizio dei lavori strutturali sull’area di interesse espositivo ma anche sviluppando una coscienza di insieme sul significato vero dell’Esposizione Internazionale che possa fungere da base per vedere sviluppate e ancor meglio sostenute sinergie provenienti dal mondo culturale, scientifico e commerciale. Se Shanghai ha rappresentato, come ricorda Beniamino Quintieri, commissario generale del Governo per l’Expo di Shanghai 2010 in un anticipazione al discorso di Sala, la dimostrazione rivolta principalmente al popolo cinese della capacità per il Paese di acquisire un’anima internazionale e di centralità nella sfera delle relazioni commerciali e produttive mondiali, Milano deve sicuramente rinviare più ad un piano di contenuto, trainato dallo spessore di un tema che sottolinea già la complessità della sfida lanciata dall’Italia nell’ospitare l’edizione 2015 del’Esposizione Universale. "Feeding the Planet, Energy for Life" un tema che in primis secondo l’ente organizzatore dovrà non solo troverà valore nella tradizione eno gastronomica italiana ma che acquisirà pregnanza e soprattutto propositività di riflessione dagli aspettivi di tecnologia, ecologia, ambiente ed energia unite alla cultura del "saper mangiare" ma anche del "saper esportare". Se l’entusiasmo nel presentare contenuti e virtuosismi delle opportunità che l’Expo deve rappresentare nella trattazione di un tema tanto complesso quanto avvincente e dall’organico respiro multidisciplinare, da osservatori la perplessità aumenta nell’esaminare però la lista dei Paesi partecipanti aggiornata. Arriva a 35 il traguardo segnato fino ad oggi dall’avvio della macchina Expo 2015. Vi sono grandi assenti e anche se Milano sembra battere Shanghai sui tempi di conferma di alcune candidature (l’esperienza cinese era stata più lenta nel raccogliere i primi entusiasmi di partecipazione) risulta differente la percezione comune con cui Milano sta alimentando l’attenzione nell’attesa rispetto alla Cina, proprio nel momento in cui Shanghai si preparava a proporsi come scenario Expo ai Paesi partecipanti: lì vi era una brillante esperienza olimpica solo due anni prima, un’economia in ascesa incalzante ed entusiasmante, un sistema Paese fortemente concentrato sulla formazione della popolazione e della preparazione della macchina expo, un mercato in cui tutti ancor oggi vogliono esprimere presenza e continua relazione. Se si guarda a Milano la dimensione non è propriamente affine: continui rallentamenti sull’assegnazione di spazi, travagli politici e cambi di guardia, entrate ed uscite, e soprattutto l’assenza di una riflessione comune che dal sistema paese passando per la macchina organizzativa venga a rassicurare Imprese nella loro netta conferma di partecipazione a sostegno del progetto. Proprio nella compensazione a questo difetto, non solo di debolezza istituzionale ma anche di disinformazione a livello popolare trova posto la riflesione di Bruno Ermolli, presidente della Promos della Camera di Commercio di Milano, emersa durante il convegno AICE: i tempi di costituzione della macchina organizzativa vanno ottimizzati nella fromulazione di progetti che diano contenuto e che siano portavoce di informazione sul vero significato dell’Expo. Diversamente sarebbe come inaugurare la macchina produttiva di una impresa senza prestare attenziona all’awarness dell’utenza che dovrebbe ruotarne attorno o beneficiarne dell’indotto produttivo. Ecco allora spiegato il senso dell’avvio di 9 tavoli che coinvolgono la partecipazione di 293 opinion leaders impegnati non solo nella produzione di idee relative al tema e a sinergie concernenti a livello internazionale, bensì comprensivi di uno studio di fattibilità che ne analizzi la portata concreta su una dimensione struttuale: Agro alimentare, Energia, Salute, Solidarietà, Accoglienza, Arte e Cultura, Infrastrutture, Credito, Giovani. Questi le categorie progettuali presentate da Promos e già attive nel costituire un’anima popolare e di informazione per l’Expo. Un ulteriore spunto sull’Expo Milanese è introdotta da Claudio Rotti, relatore del convegno e Presidente AICE: "E’ importante valorizzare che Expo pur essendo un’opportunità per il Sistema Paese non è una Fiera Espositiva, o meglio sarebbe assolutamente riduttivo presentarla come tale" Affermazione che risulta ancora più calzante se andiamo a contrappore il modello di Shanghai (forse realmente ancor più fieristico o meglio già vincente nel valore che poteva rappresentare l’esporre "qualcosa" con visibilità per 73 milioni di cinesi partecipanti) rispetto a quanto strategicamente ci si deve aspettare da Milano e dall’Italia in questa nuova sfida: un’eccellenza produttiva certamente, riconfermata dal prestigio del marchio Italia, ma anche uno scenario dove proposte per un futuro migliore siano avvalorate da analisi scientifiche, tecnologie e sfide che facciano della comunicazione e del confronto interculturale proprie della società globale il proprio punto di forza. Paolo Cacciato p.cacciato@asianstudiesgroup.net

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