Pechino guarda ad ovest e punta al settore agricolo

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La Repubblica Popolare Cinese è la seconda nazione dal punto di vista economico: le stime del Fondo Monetario Internazionale prevedono per il 2016 un prodotto interno lordo pari a 11,3 bilioni di dollari.

Nonostante i tassi di crescita siano rallentati rispetto agli anni precedenti, la Cina rimane una delle economie più robuste e capaci di attrarre capitali e finanziamenti dall’estero. Le maggiori organizzazioni internazionali quali il Fondo Monetario Internazionale (IMF) e la Banca Mondiale (World Bank) prevedono tassi di crescita superiori al 6% per i prossimi anni, grazie a politiche economiche e stimoli fiscali in grado di rafforzare la domanda interna,  innalzando il reddito pro capite a disposizione dei cittadini e sviluppare aree del Paese attualmente arretrate.

Sin dall’apertura degli scambi internazionali, le esportazioni hanno avuto un’importanza fondamentale per l’economia cinese: Pechino è un esportatore con una bilancia commerciale fortemente positiva. Tuttavia negli ultimi anni il contributo delle esportazioni nette è via via diminuito; la forte crescita della domanda interna, resa possibile grazie al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e del reddito a disposizione, ha innescato un deciso incremento delle importazioni dall’estero, dando il via ad una transizione che trasformerà il Paese dall’essere fabbrica del mondo a importante consumatore di prodotti e fruitore di servizi.

La crescita del Paese tuttavia non è stata uniforme e presenta tuttora numerose divergenze e disparità sia tra le diverse regioni dell’immenso territorio cinese sia tra le aree urbane e quelle rurali all’interno delle stesse regioni.

La Cina è un Paese caratterizzato da una marcata disuguaglianza sociale tra le aree urbane e le aree rurali. La forte urbanizzazione ha recentemente portato la popolazione urbana a superare quella residente nelle zone rurali: le aree urbane e le zone circostanti sono, infatti, caratterizzate da un tasso di sviluppo notevolmente più elevato rispetto alle remote aree rurali. Nelle province centro – occidentali, inoltre, tale gap è ancora più accentuato rispetto a quello registrato a  livello nazionale.

La tabella seguente riporta gli ultimi dati pubblicati da NBS relativi al reddito disponibile annuo pro capite per individui residenti nelle aree urbane e in quelle rurali nel 2014. Per ogni divisione amministrativa è stato calcolato un indice di disparità rapportando il reddito disponibile per gli abitanti nelle aree urbane con quello a disposizione dei residenti nelle zone rurali.

Lo sviluppo delle zone non urbanizzate e la riduzione delle disparità tra aree urbane e aree rurali sono temi molto sensibili per il governo centrale, tanto che le misure d’incentivazione fiscale verso le attività facenti parte del settore primario sono state mantenute anche successivamente alla revisione del sistema degli incentivi fiscali del 2008.

Attualmente infatti sono previste agevolazioni fiscali per le imprese operanti nell’agricoltura, nella forestazione, nell’allevamento e nella pesca, in termini di esenzione e riduzione delle imposte sul reddito (CIT) e dell’imposta sul valore aggiunto (VAT).

Nello specifico le imprese operanti nelle seguenti attività sono esentate dal pagamento dell’imposta sul reddito societario:

·      la coltivazione di ortaggi, cereali, patate, frutta e verdure;

·      la selezione di nuove varietà di prodotti agricoli;

·      la coltivazione di piante ed erbe utilizzate nella medicina tradizionale cinese;

·      la riforestazione;

·      l’allevamento di bestiame e pollame;

·      la raccolta di prodotti da boschi e foreste;

·      l’offerta di servizi relativi all’agricoltura, la forestazione, l’allevamento e la pesca come i servizi di irrigazione, la lavorazione preliminare di prodotti agricoli, le cure veterinarie, la promozione di tecnologie utilizzabili in ambito agricolo e la riparazione e l’assistenza di macchinari e attrezzature agricole;

·      la pesca in alto mare.

Oltre all’esenzione dal pagamento dell’imposta sul reddito, sono concesse diverse esenzioni e riduzioni dell’imposta sul valore aggiunto (VAT) alle imprese domestiche e straniere che investono nella coltivazione e nel miglioramento dei prodotti agricoli, nella riforestazione, nell’allevamento di animali e l’acquicoltura.

Per esempio la vendita di una categoria di prodotti agricoli “qualificati” è esente da VAT (se auto prodotta) o soggetta ad un’aliquota ridotta del 13%.

Oltre a ridurre le disuguaglianze sociali, le politiche fiscali per il sostegno alle attività agricole hanno, lo scopo di aumentare la produttività al fine di poter rispondere alla crescente domanda interna. Attualmente infatti gran parte dei prodotti alimentari di largo consumo sono importati dall’estero, come ad esempio la carne suina, di cui la Cina è diventata il maggior consumatore al mondo.

Grazie alle politiche a supporto del settore primario nel corso degli anni la Cina è stata in grado di incrementare notevolmente la produttività delle coltivazioni e dei prodotti derivati dall’allevamento.

Sono inoltre cresciuti gli investimenti nel settore, aumentati di oltre 7 volte nel corso degli ultimi dieci anni, e il valore degli scambi internazionali; in particolare sono aumentate le importazioni di derrate alimentari e di animali vivi da utilizzare per la produzione di cibo. Quest’ultimo dato mostra una quota sempre crescente di domanda interna non soddisfatta dalla produzione, nonostante stringenti restrizioni alle importazioni per certe categorie alimentari, che è destinata ad aumentare nei prossimi anni grazie al miglioramento delle condizioni di vita di un numero sempre maggiore di cittadini.

La riduzione del personale impiegato nel settore primario a fronte di un incremento della produzione indica infine una migliore efficienza nelle coltivazioni e l’utilizzo di macchinari a più elevata tecnologia.

Il sostegno allo sviluppo delle regioni centro – occidentali

Dal punto di vista amministrativo, la Repubblica Popolare è divisa in trentaquattro aree, di cui ventitré province (inclusa Taiwan, che tuttavia non è considerata all’interno delle statistiche ufficiali), quattro municipalità, cinque regioni autonome e due regioni amministrative speciali (SAR).

Tra le diverse aree esistono e persistono numerose differenze culturali, dovute alla presenza di 56 gruppi etnici, ed economiche, che risultano particolarmente evidenti in caso di confronto del prodotto regionale lordo pro capite.

Per comodità di analisi, le province, le regioni autonome e le municipalità cinesi sono raggruppate in sei macro – aree:

·      area settentrionale (Hebei, Shanxi, Inner Mongolia, Beijing, Tianjin);

·      area nord – orientale (Liaoning, Jilin, Heilongjiang);

·      area orientale (Jiangsu, Zhejiang, Shandong, Anhui, Fujian, Jiangxi, Shanghai);

·      area centrale (Henan, Hubei, Hunan, Guangdong, Guangxi, Hainan);

·      area sud – occidentale (Sichuan, Guizhou, Yunnan, Tibet, Chongqing);

·      area nord – occidentale (Shaanxi, Gansu, Qinghai, Ningxia, Xinjiang).

I dati raccolti e pubblicati da NBS evidenziano come il maggior contributo al prodotto interno lordo cinese derivi dalle province situate sulla costa: Jiangsu, Shandong, Guangdong e Zhejiang sono infatti le province più sviluppate dal punto di vista economico e contribuiscono per più di un terzo al PIL cinese.

Al contrario, l’area della Cina centrale e occidentale è decisamente più arretrata: le province di Qinghai, Tibet, Ningxia, Gansu e Guizhou contribuiscono per poco più del 3% al prodotto interno lordo cinese.

L’analisi del prodotto regionale pro capite conduce allo stesso risultato.

Nonostante la crescita nel corso degli anni, il prodotto pro capite nelle regioni centrali e occidentali è rimasto al di sotto del valore a livello nazionale. 

Per ridurre le divergenze tra le aree del Paese e per alleggerire gli ingenti flussi migratori dalle zone centrali e occidentali verso le zone costiere, il governo cinese promuove da diversi anni dei piani d’incentivazione volti a coordinare e incoraggiare lo sviluppo economico delle regioni più arretrate, con un focus particolare verso quelle centrali e occidentali.

Negli ultimi anni diversi progetti sono stati approvati per incrementare l’attrattività agli occhi dei potenziali investitori, anche stranieri, e promuovere gli investimenti in undici province (Sichuan, Guizhou, Yunnan, Tibet, Shanxi, Gansu, Qinghai, Ningxia, Xinjiang, Inner Mongolia e Guangxi) e nella municipalità di Chongqing.

Tali misure includono quelle approvate congiuntamente dal MOF (Ministry of Finance), GAC (General Administration of Customs) e dal SAT (State Administration of Taxation) nel 2011, che estendono fino al 31 dicembre 2020 una serie d’incentivi fiscali a favore delle imprese che decidono di investire nelle regioni occidentali. In particolare è stato aggiornato l’elenco delle attività incluse nel Catalogue of Encouraged Industries in Western Region (definito anche come Western Catalogue): le imprese costituite nelle regioni occidentali cui almeno il 70% di ricavi deriva da attività inserite all’interno della lista, possono beneficiare di un’aliquota fiscale preferenziale del 15% in luogo di quella prevista del 25%.

Gli incentivi e le misure di incoraggiamento economico sono estesi anche alle società con capitale straniero, anche se per queste ultime è necessario far riferimento linee guida presentate e aggiornate da NRDC (The National Development and Reform Commission) e dal MOC (Ministery of Commerce) nel “Catalogue of Priority Industries for Foreign Investment in the Central Western Region” e nel “Catalogue for the Guidance of Foreign Investment”.

Le attività incentivate variano da provincia a provincia, a seconda delle caratteristiche specifiche, delle risorse naturali ivi presenti e della struttura industriale già presente, e ricadono quasi tutte nei settori dell’energia rinnovabile (fotovoltaico, eolico e altre fonti rinnovabili), della biotecnologia e della produzione di attrezzature e macchinari con elevato contenuto tecnologico.

Tra le attività incoraggiate si citano a titolo di esempio lo sviluppo di servizi, quali l’IT e logistica, lo sviluppo e la produzione di pannelli solari e pale eoliche, la realizzazione e la gestione di impianti fotovoltaici, eolici e di cogenerazione e lo sviluppo di nuovi materiali come il grafene.

Le imprese operanti nei settori sopra-indicati hanno inoltre la facoltà di importare attrezzature, componentistica, ricambi e la tecnologia da utilizzare nell’espletamento della propria attività senza dover sostenere i dazi doganali altrimenti previsti. Questa misura incoraggia le imprese a importare la strumentazione necessaria alla propria operatività; poiché le attività incentivate appartengono a settori caratterizzati da elevato contenuto tecnologico, i maggiori beneficiari della mancata applicazione dei dazi saranno imprese straniere specializzate nella produzione di attrezzature e macchinari tecnologicamente avanzati.

Le politiche adottate negli anni precedenti hanno indubbiamente contribuito allo sviluppo del Paese e a migliorare le condizioni di vita di un numero sempre maggiore di cittadini cinesi. Tuttavia rimangono diverse criticità da risolvere, come le disparità presenti tra le aree costiere e centrali e tra le aree urbane e rurali. L’ultimo valore dell’indice Gini disponibile per la Cina (2013) è pari a 0,473. Tale indicatore offre, con tutte le sue limitazioni, una valutazione sintetica del grado di disuguaglianza nella ripartizione della ricchezza e ha un valore ritenuto soglia pari a 0,40: un valore dell’indice superiore a tale soglia evidenzia una società con accentuata ineguaglianza.

Gli incentivi fiscali e le misure d’incoraggiamento degli investimenti in determinate aree geografiche e settori economici dovranno nei prossimi anni contribuire a ridurre le disuguaglianze e consentire lo sviluppo di realtà altrimenti arretrate in un’ottica di crescita di medio – lungo periodo e sostenibile dal punto di vista ambientale.

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