La panificazione rimane per me un’ arte pressoché aliena: i miei tentativi di realizzare pagnotte, panini, loaf e bagel si sono quasi sempre conclusi, mio malgrado, nel modo peggiore: dopo la cottura il farinaceo in questione risultava secco, bassino, talvolta umidiccio. Invece con il pane indiano è stato un successo fulminante, e in particolare con il chapati posso parlare di un’infatuazione che oserei definire reciproca. Sin dal primo tentativo ho ammirato con un misto di stupore e orgoglio il chapati cuocersi uniformemente e bene, tanto da gonfiarsi come un palloncino. Quasi speravo che volasse via , per vendicare simbolicamente le mie precedenti sconfitte con il suo fiero gonfiore.
Naturalmente il mio chapati non era e non è prodigioso a tal punto, ma quello che invece è vero è che si tratta di un pane ad alto tasso di soddisfazione, visto che , appunto, è riuscito anche a me. Urge una precisazione: tutti i tipi di pane che ho citato all’inizio si distanziano dal chappati per un elemento fondamentale; contengono lievito. Al contrario il chapati, uno dei più diffusi pani indiani, nonchè quello di cui oggi ho preso in esame la ricetta , è costituito semplicemente da acqua, farina e sale. Impossibile sbagliare. La regola vale per la maggior parte dei pani indiani, salvo rare eccezioni. Essendo generalmente privo di lievito il pane indiano si distingue consequenzialmente per il suo essere piatto, ma in questo caso è bene. Inoltre viene consumato immediatamente dopo la cottura e se non è così, soprattutto nel caso del chapati, il sapore e la consistenza ne risentono sensibilmente. Il Chapati viene realizzato con una farina semi integrale, elemento importante per la buona riuscita del pane, in India ci sono tuttora persone che macinano a mano la farina e creano delle miscele a base di orzo, miglio, grano e grano saraceno seguendo ricette tramandate da lungo tempo. Come spesso ho avuto modo di apprezzare la cucina indiana è strutturata in modo da appagare il palato e al contempo portare beneficio al corpo: il chapati necessita di una masticazione accurata e questo giova alla digestione. Il Chapati viene cotto su una pentola di ferro chiamata tawa, che diffonde uniformente il calore. Per ottimizzare la cottura l’ideale sarebbe di stendere le porzioni di pasta in modo che combacino con la misura della superficie della pentola, ma non impazzite a riguardo, anche se sono leggermente più piccole il chapati verrà comunque ottimo. Lo stesso vale per la farina, esiste in commercio un preparato ad hoc per il chapati, ma se non lo trovate potete sostituirlo con un parte di farina bianca e due di farina integrale per iniziare; naturalmente se avete a disposizione altri tipi di farine realizzate pure un miscuglio personalizzato: il vostro chapati sarà unico.
Chapati
vegan
farina atta 225 gr
sale un cucchiaino
acqua circa 225 ml
ghee

Ponete in una ciotola la farina e il sale. Cominciate ad unire un po’ di acqua e lavorate con le mani fino ad ottenere una pasta soda, quindi datele la forma di una palla. Non è detto che sia necessario unire tutta l’acqua, dipende molto dal tipo di farina. Lasciate riposare la pasta coperta da un panno per una ventina di minuti

Formate una decina di palline e lasciatele riposare ancora 5 minuti

Stendete le palline in dischi sottili con l’aiuto del mattarello.

Man mano che stendete le porzioni di pasta ponetele su carta da forno, ben separate

Accendete il gas e appoggiatevi sopra la tawa. Quando è calda ungetela leggermente con il ghee e ponetevi sopra il primo disco di pasta

Non appena inizia a formare delle bolle premete con una spatola sui bordi e vedrete il chappati gonfiarsi come un palloncino.
Giratelo velocemente e cuocete altri 30 secondi

Togliete il chapati dal fuoco e ponetelo in un asciugamano, ungetelo leggermente con il ghee e coprite.

Proseguite fino ad esaurimento dei dischi di pasta, ungendo la tawa solo occasionalmente e conservando man mano i chapati nell’asciugamano.