Ricetta Sushi Chirashizushi

Sushi! Sushi! Sushi! Da quando abbiamo iniziato questo blog sulla cucina giapponese in molti ci hanno chiesto più o meno direttamente, dal vivo o via internet, di affrontare l’argomento, di dare qualche spiegazione, consiglio o ricetta per poterlo preparare anche a casa.

Del resto allo stesso modo in un blog o rubrica sulla cucina italiana tutti si aspetterebbero di veder pubblicata prima o poi una ricetta con gli spaghetti o quella della pizza margherita!

Finalmente questa settimana (e non solo questa!) iniziamo a parlare del Sushi nelle sue diverse forme e preparazioni nella speranza di sfatare attraverso i nostri articoli anche un altro luogo comune che si manifesta nel binomio Sushi-pesce crudo.

Cominciamo con il dire che benché sia prevalentemente preparato con il pesce, il Sushi non è il pesce crudo stesso. Anche se oggi molti occidentali hanno una cultura culinaria e una passione per la cucina giapponese notevoli, solitamente “i più” ancora identificano il sushi come il pesce crudo e il riso come un eventuale contorno.

In realtà il Sushi è un modo di cucinare e presentare il riso che nonostante sia quasi sempre accompagnato dal pesce crudo può anche prescindere da esso includendo invece altri ingredienti che possono essere crostacei, vegetali, carne, polpi, anguille, uova e inoltre anche il pesce cotto, come nel caso dei pesci di fiume dove con la cottura si cerca di eliminare eventuali parassiti.

Questo inoltre incide anche sulle caratteristiche nutrizionali del Sushi che chiaramente variano secondo gli ingredienti usati per accompagnare il riso e ovviamente dalla quantità consumata!

La ricetta dalla quale si presume sia nato il Sushi odierno altro non era che un modo di conservare il pesce insieme al riso e a strati di sale, lasciato poi fermentare a lungo. Per abbreviare i tempi della fermentazione si cominciò ad aggiungere l’aceto di riso. Ma il Sushi nelle forme che più o meno tutti tendono a riconoscere risale ai primi anni dell’ottocento, precisamente nell’antica Edo (l’odierna Tokyo).

Nonostante quanto detto fin qui, oggi possiamo però riassumere le abilità necessarie ad un vero cuoco di Sushi in due punti fondamentali che sono la corretta preparazione del riso e in seguito la scelta, il taglio e la disposizione del pesce. Anche se in occidente continuano a fiorire sushi-bar e kaitenzushi, dove in molti si improvvisano cuochi, in Giappone questo mestiere richiede una forte dedizione e una quasi esclusiva specializzazione, al punto che un apprendista per i primi anni si limiterà ad osservare il suo insegnante e potrà esclusivamente aiutare nelle pulizie e nella manutenzione degli utensili e del locale. Solo dopo un lungo apprendistato, tradizionalmente di solito di circa quattro anni, dopo aver appreso il corretto modo per preparare il riso, verrà introdotto alla scelta, all’acquisto e al taglio del pesce.

In occidente spesso vediamo servire il sushi con pezzi di pesce tagliati in modo approssimativo o con il riso che si sfalda o ancor peggio il sushi non viene preparato al momento ma preparato e consumato molto tempo dopo, il che è l’equivalente di andare a mangiare una pizza margherita o un piatto di carbonara preparati due o tre ore prima.

Quello che spesso non si comprende della cultura giapponese è la completa dedizione e specializzazione che vengono profuse in ogni arte e disciplina. Questa errata valutazione porta a minimizzare le cose e purtroppo a trasformarle facendo sì che mettere tre fiori in un vaso diventi automaticamente fare Ikebana (l’Arte della disposizione dei fiori), raggiungere il livello di cintura nera in un’arte marziale equivalga ad essere dei maestri, un oggetto di arredamento o un vestito dalle linee essenziali sia assolutamente “Zen” o, come nel caso del sushi, unire del riso ad un pezzo di pesce sia sufficiente per aprire un locale ed essere maestri di sushi…

Nella cultura giapponese uno dei comportamenti più biasimati è proprio la presunzione, l’ostentazione delle proprie abilità o conoscenze, vere o presunte che siano. Il nostro intento (e la nostra speranza) quindi non è quello di “spiegare la verità della cucina giapponese” ma soltanto di contribuire un po’ alla diffusione di alcuni aspetti di questa cultura spesso fraintesi o abilmente e volutamente mistificati. Quello del sushi è un argomento quindi che affrontiamo per amor di divulgazione e confronto ma di certo con la consapevolezza che il massimo che si potrà raggiungere è la preparazione di un sushi casalingo, senz’altro buono e anche divertente da preparare, ma senza ignorare che in Giappone questa è una vera e propria disciplina, con regole, maestri ed allievi che portano avanti una tradizione famosa e apprezzata in tutto il mondo.

Visto che le varietà di ingredienti e le preparazioni del Sushi sono molte e che ne affronteremo altre nei prossimi articoli, iniziamo, augurandoci e augurandoVi buona fortuna, con un tipo di Sushi meno diffuso in occidente e utilizzato (come il Taimeshi e il Sekihan dei precedenti articoli) in occasioni liete e benaugurali: il Chirashizushi.

Il Chirashizushi può essere considerato propedeutico alla preparazione di altri tipi di Sushi in quanto non richiede una manualità notevole ma ha alla base la stessa preparazione del riso di tutti i tipi di Sushi, alcuni dei quali li scopriremo insieme nei prossimi articoli.

Chirashi significa “sparpagliato”, “disperso” ed è relativo agli ingredienti che verranno posti sopra al riso per sushi che prepareremo.

Tra gli ingredienti usati questa volta l’ingrediente più “esotico” sono senz’altro i funghi Shitake. Si trovano però abbastanza facilmente e sono anche economici. Li trovate perlopiù nei negozi di alimentari asiatici nella versione essiccata e in pratiche bustine trasparenti come quella della foto qui sotto.
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Chirashizushi
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Ingredienti:

360 cc di riso giapponese
400 cc di acqua
200 cc di aceto di riso
90 gr zucchero
30 gr sale
(fin qui gli ingredienti per lo Shari, il riso per Sushi)

2 shitake
50 gr. Gamberetti sgusciati
1 carota piccola
Broccoletti (soltanto i fiori)
alghe nori
2 uova
Mirin
sale
Shoyu
Zucchero
Olio di semi

Preparazione:

Prima di tutto è necessario saper preparare il riso nella maniera giapponese. Le indicazioni le trovate nelle ricette degli Onigiri e Shiro Gohan di questo blog. L’unica differenza questa volta sarà la proporzione acqua-riso che è di 1 a 1.1, cioè per 100 cc di riso 110 cc di acqua (abbiamo arrotondato nella ricetta con 360 cc di riso e 400 cc di acqua)

Mettere i funghi Shitake nell’acqua (mezzo litro abbondante) per circa 15-20 minuti per ammorbidirli.
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Quando diventano morbidi asciugare l’acqua e tagliare ed eliminare la parte dura del gambo. Tagliare il resto in fettine sottili.
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Non buttare l’acqua ma filtrarla perché verrà riutilizzata in seguito.

Pulire la carota e tagliarla in fettine della grandezza di quelle degli Shitake.
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In un pentolino mettere l’acqua utilizzata per gli Shitake, le carote e gli Shitake stessi. Aggiungere due cucchiaini di zucchero, un cucchiaio di Shoyu, un cucchiaino di Mirin, un pizzico di sale. Su fuoco medio lasciare cuocere per 10 minuti. A fine cottura lasciar riposare nel liquido.
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In un altro pentolino mettere a bollire l’acqua e a bollitura raggiunta aggiungere una presa di sale. Aggiungere i gamberetti. Una volta cotti passare tutto in un recipiente con acqua fredda.

Lo stesso procedimento dei gamberetti verrà utilizzato per preparare i fiori dei broccoletti.
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In una ciotola mischiare due uova, un cucchiaino di Shoyu, mezzo cucchiaino di zucchero, un cucchiaino di Mirin e un pizzico di sale. In una padella versare un po’ di olio di semi ad ungerne la superficie. Accendere il fuoco e con la padella calda versare uno strato sottilissimo del preparato nella ciotola appena a coprire la superficie . Se girando la padella sul fuoco oltre allo strato che si cuocerà immediatamente dovesse rimanere ancora del liquido, recuperarlo versandolo nuovamente nella ciotola. Andremo quindi a realizzare una sottilissima “crèpe” poco più spessa di un foglio.

Appena cotta togliere dalla padella e adagiare su un piatto. Ripetere l’operazione fino ad esaurire il liquido nella ciotola.
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Una volta che la “crèpe” si sarà freddata, arrotolarla su sé stessa e tagliarla fina come se si tagliasse una verdura “alla julienne” formando così tanti “filetti”. Questo modo di preparare le uova si chiama Kinshitamago.
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In un pentolino versare 200 cc di aceto di riso, 90 gr zucchero e 30 gr sale. Su fuoco basso girare fino a quando non si scioglie lo zucchero. Questo è il Sushizu, l’aceto che sta alla base di ogni tipo di Sushi. Ne avremo preparato così in quantità abbondante rispetto agli altri ingredienti della ricetta ma questa è al quantità minima per poterlo preparare adeguatamente e in caso aggiungerne a piacere.

Mettere il riso lavato e poi cotto al vapore in un recipiente largo e basso per farlo raffreddare (è possibile anche aiutarsi con un ventaglio mentre si separa e dispone il riso nel recipiente) e una volta freddo versare con un cucchiaio (circa 3 cucchiai e mezzo) l’aceto Sushizu che abbiamo preparato su tutta la superficie e contemporaneamente mischiare delicatamente. Questo è lo Shari, ossia il riso che si utilizza comunemente per preparare ogni tipo di Sushi.
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Disporre su un piatto o in una ciotolina una porzione di riso per Sushi e aggiungere sopra i gamberetti, gli Shitake, le carote, i fiori dei broccoletti, le uova preparate a Kinshitamago e alcune strisce di alga Nori (prima però passare il foglio di alga essiccata sopra ed a una certa distanza dal fuoco per renderla leggermente croccante). A piacere è possibile anche insaporire ulteriormente il tutto aggiungendo un po’ dell’acqua della cottura degli shitake e delle carote.

Il Chirashizushi è pronto!
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Alla prossima!

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