Storia della Cina

La preistoria e la prima unificazione

Dal bacino dello Huang He si sviluppano le tre grandi culture neolitiche cinesi:

  • la cultura di Yangshao (4.800-3.000 a.C.)
  • la cultura di Longshan (3.000-2.300 a.C.)
  • la cultura di Xiaotun, poco più tarda, dalla quale viene fatta discendere la civiltà cinese.

Gli scavi di Anyang, confermano la presenza di queste culture che rappresenterebbero la genesi del “Paese di Mezzo”, significato degli ideogrammi zhong guo. L’esistenza delle tre culture verrebbe anche confermata negli Annali fondamentali della dinastia Xia, collocabili intorno al 16 secolo a.C. Si viene in questo modo a saldare la tradizione letteraria con quella archeologica.

Nel periodo che anticipa la dinastia Xia, tra il 2850 e il 2205 a.C, vengono collocate le figure note come i Tre Augusti e i Cinque Imperatori. Sima Qian (storico cinese morto intorno al 90 a.C.), nei suoi Annali Storici, scrive che i Tre Augusti, conosciuti anche come “il Celeste Sovrano”, “il Sovrano Terreno” e “il Sovrano Umano”, regnarono per svariati millenni, e furono i fautori di un periodo di prosperità del Paese. Sono conosciuti rispettivamente anche come Fuxi, Nuwa e Shennong. I primi due, sempre secondo le leggende, sarebbero un dio e una dea, marito e moglie, dai quali avrebbe avuto origine l’umanità a seguito di un diluvio catastrofico; mentre Shennong  sarebbe colui che avrebbe inventato l’agricoltura.

Secondo altre fonti come il Diwang Shiji, Nawu sarebbe invece il mitico Imperatore Giallo, considerato l’antenato della etnia Han. Venendo al mito dei cinque imperatori, sempre negli annali storici di Sima Qian, si narra che essi fossero dei saggi moralmente perfetti. I cinque imperatori nell’ordine sarebbero, l’Imperatore Giallo, l’Imperatore Zhuanxu, l’Imperatore Ku, l’Imperatore Yao e l’Imperatore Shun.

La prima dinastia è la dinastia Xia, fondata intorno al 2200 a.C. dall’Imperatore Yu, e il cui ultimo Imperatore sarà Jie. Alla dinastia Xia, seguirà quella degli Shang, approssimativamente collocata intorno all’anno 1766 a.C. E’ proprio durante questa dinastia che iniziano a trovarsi i primi segni di una scrittura usata per incidere pittogrammi su gusci di tartaruga per lo più a scopo divinatorio.  Questo tipo di scrittura divinatoria è l’antesignana di quella che sarà poi la scrittura cinese, costituita da ideogrammi.

La codificazione avviene con la dinastia Zhou, che mantiene il potere politico e sacrale dal 1122 al 770 a.C. Nel 771 a.C. una ribellione costringe la corte a spostare la capitale a Luoyang, capitale che sarà alternata nel corso degli anni con Chang’an (l’odierna Xi’an). Da questo momento agli Zhou è conferito solo un potere sacrale, mentre perde quello politico.

Dal 771 a.C. al 476 a.C, si assiste al cosiddetto “Periodo delle Primavere e degli Autunni” (Chunqiu): un’epoca di frantumazione del Paese, durante la quale si sviluppa il periodo noto con il nome di “Cento Scuole”. La Cina entra nell’età del ferro contemporaneamente alla nascita del principale filosofo che contraddistingue la sua storia letteraria, ma anche politica e filosofica: Confucio.

Durante Chunqiu, nascono e si sviluppano anche altre dottrine, quali la Scuola Cosmogonica, dello Ying e dello Yang e la Scuola Legista.

A quest’epoca di sviluppo culturale ne segue una di sconvolgimento del Paese: iniziano oltre due secoli di lotte intestine che vedono la contrapposizione tra i quattro principali stati, il regno di Chu, Wei, Qi e Qin. Quest’ultimo si era sempre mantenuto al margine delle lotte tra i primi tre, che si proponevano di spartirsi le ultime vestigia di quello che era stato il regno di Zhou. Alla dissoluzione di Zhou, il regno di Qin ha il sopravvento sugli altri tre e unifica il Regno di Mezzo.

L’impero Han

Nel 221 a.C. il Re Ying Zheng di Qin assume il titolo imperiale di Shi Huangdi. Unifica la Cina estendendo le istituzione di Qin all’intero paese. Per difendersi dagli Xiongnu, una popolazione altaica prototurca, completa la Grande Muraglia. Durante il suo regno, importante è la figura di Li Si, esponente della scuola legista, dottrina filosofica che è stata adottata solo ed esclusivamente durante questa dinastia.

L’imperatore Qin Shi Huangdi, è ricordato soprattutto per la costruzione dell’imponente opera nota come “L’Esercito di Terracotta”. Costruita nella capitale Chang’An, l’attuale Xian, si tratta di un esercito di proporzioni reali in terracotta voluto dall’imperatore per proteggere la sua tomba. E’ stato ritrovato sul finire del 1970 da tre contadini, ma solo a distanza di un decennio ne è stata resa possibile la visita al pubblico.

La dinastia si estingue nell’anno 210 a.C., a causa dello scoppio di una guerra civile capeggiata da Liu Bang, che fonda la dinastia Han nel 202 a.C, che domina la Cina, tranne che per un intervallo tra il 9 d.C. e il 25 d.C., fino al 220 d.C. Questa breve pausa ne configura la differente denominazione tra un periodo e l’altro. La prima dinastia Han è nota infatti come ‘‘Dinastia degli Han anteriori’’ o ‘’Dinastia degli Han occidentali’’ (206 a.C.- 9 d.C.), mentre la seconda è chiamata ‘‘Dinastia degli Han posteriori’’ o ‘‘Dinastia degli Han orientali’’ (25-220 d.C.).

Durante gli Han anteriori, il potere politico cinese si espande su Vietnam, Asia centrale, Mongolia e Corea. Durante il secondo periodo la capitale verrà spostata da Chang’An a Luoyang molto più a est. Il Confucianesimo, con il suo rispetto per i riti e la gerarchia familiare, è eletto a filosofia di stato.

Se i primi anni sono volti al consolidamento del potere, è durante l’impero di Wudi (141-87 a.C.), che si rafforza il nuovo impero Han. Wudi, sesto imperatore della dinastia, non solo combatte contro gli Xiongnu, ma intraprende un’avanzata verso ovest che lo porta in contatto con le popolazioni iraniche, aprendo quella rotta commerciale nota come ‘‘via della seta’’.

Completata la conquista della Cina meridionale, durante la metà del primo secolo a.C., la famiglia della Imperatrice, facente capo a Wang Mang, usurpa il trono detenendo il potere tra il 9 e il 22 d.C. Seguono rivolte da parte dei contadini nella Cina settentrionale, che si concludono con il ripristino della dinastia Han.

Durante la metà del 2° secolo d.C. il potere è in mano ai generali delle singole province dell’Impero. L’ultimo imperatore della dinastia abdica e il regno viene suddiviso in tre regni: il regno di Wei a Nord, quello di Shu Han a Sud-Ovest, e infine quello di Wu a Sud.

Nel 280 la dinastia Jin, succeduta a Wei, riunifica il Paese ripristinando un regime quasi feudale. Viene divisa in Jin occidentale (265-316), e Jin orientale (317-420). Durante il secondo periodo la capitale viene spostata a Nanchino. Durante questo periodo inizia a diffondersi il Buddismo.

A nord, nel frattempo, gli Xiongnu avevano creato un proprio stato e tra il 311 e il 318 d.C. occupano anche la Cina settentrionale. Ne segue una frantumazione, con la conseguente creazione di micro-regni comandati dalle popolazioni nomadi dei Tuoba.

Tra le quattro dinastie cinesi che si trovano al sud, solo la dinastia Sui, tra il 578 e il 618 d.C., riesce ad unire il paese e sposta la capitale a Xian. Nel 615, un attacco sferrato dai Tuoba, costringe l’ultimo imperatore Sui, Yangdi, alla fuga. Morirà vittima di una congiura.

Dal 7° al 15° secolo dalla dinastia Tang alla dinastia Ming

Tra il 618 e il 907, regna la dinastia Tang. Taizong (626-649), il secondo sovrano, soggioga i Tu-kueh, nomadi della Mongolia, dando avvio ad un rapporto fiduciario; instaura relazioni con il Tibet e l’India, iniziando una politica prevalentemente pan-asiatica.

Tra il 683 e il 705, il potere viene preso dalla famiglia della imperatrice Wu Hou, ma nel 712, grazie ad una congiura di palazzo, la famiglia della imperatrice viene sterminata e si ritorna allo status quo ante. Segue un periodo di pace, sotto l’imperatore Xuanzong, che estende il dominio fino al Turkestan (la regione oggi nota come Xinjiang), raggiungendo la massima espansione dell’impero. Nel 751, con la battaglia sul fiume Talas contro gli arabi, la Cina viene respinta al di qua del Xinjiang. Durante la fine del suo regno, il Paese vede il tentativo di rivolta da parte del generale An Lu Shan, rivolta che viene sedata anche grazie all’aiuto dei turchi uiguri della remota regione occidentale, che nel frattempo stavano esercitando una sorta di autogoverno nella regione. Il regno del Tibet, nello stesso periodo, conquista progressivamente territorio cinese.

Lo sfascio dell’impero uiguro nel 840 e della monarchia tibetana nel 842, libera la Cina da due scomodi vicini.

Nonostante il pericolo alla frontiera fosse venuto meno, la decadenza economica della dinastia Tang prosegue inarrestabile, causando un profondo malcontento che è all’origine di una serie di sommosse contadine dall’879 all’884. La repressione delle rivolte da parte dei capi militari non produce però un effetto stabilizzatore, infatti inizieranno lotte intestine tra i vari generali per contendersi il potere. Nel 907 la dinastia Tang decade e la Cina si riaffaccia su un periodo di nuove divisioni.

Fino al 960, anno di fondazione della dinastia Song, segue un periodo noto come ‘‘cinque dinastie e dieci regni’’, durante il quale il centro demografico ed economico inizia a spostarsi progressivamente verso sud, lasciando al nord la mera direzione politica.

Nel 960 il paese è riunificato con mezzi diplomatici per mano della dinastia Song, una dinastia pacifista, che per un intervallo di tempo scioglie anche l’esercito, cercando anche un modus vivendi con i proto-mongoli del nord-est i Qitan.

In Manciuria, un nuovo popolo Tonguso, gli Jurcen, attacca nel 1127 la dinastia Song, imponendo il suo dominio sulla Cina settentrionale denominandola Jin (1115-1234). I Song arretreranno stabilendosi nella pianura tra lo Huang He e il Chang Jiang.

Nello stesso periodo, un capo mongolo, Gengis Khan, sta organizzando il suo popolo e nel 1233 vincendo gli Jurcen, conquista la Manciuria e Pechino. Tra il 1233 e il 1234, Ogodai, figlio di Gengis Khan, sottomette tutto il territorio che era di dominio Jin. Con Qubilai (1260-1294), il dominio mongolo tra il 1276 e il 1279 è esteso a tutta la Cina. Egli fonda una nuova dinastia nota come Yuan, che regnerà fino al 1368, anno in cui le rivolte contadine raggiungono l’apice provocando la caduta della dinastia mongola.

A capo dei ribelli c’è Zhu Yuanzhang, fondatore della dinastia Ming, che preserva il potere fino al 1644. La dinastia Ming trova in Yong Le (1402-1424) il suo più grande imperatore. Questi è ricordato per la politica marittima che porta la flotta cinese a toccare non solo il sud-est asiatico, ma anche le coste africane, e qualcuno ipotizza quelle americane.

Alla morte dell’Imperatore, anche a causa dell’opposizione della burocrazia confuciana, questa politica di apertura al mondo esterno viene definitivamente abbandonata.

Dal 16° secolo al 1912, ascesa ed epilogo dell’ultima dinastia: I Qing

Durante il 16esimo secolo, la corruzione dilaga ovunque alla corte dei Ming. Nello stesso periodo, i primi europei attraccano sulle coste dei territori del sud-est asiatico. Nel 1577 i portoghesi stabiliscono il proprio dominio sull’isola di Macao (ritornerà sotto sovranità cinese solo nel 1999).

L’imperatore Ming, Wanli, si trova impegnato in continue battaglie contro i giapponesi in Corea, che altro non producono se non il salasso delle finanze imperiali, mentre il paese è sconvolto da inondazioni e carestie. Le rivolte si trasformano nel 1644, in una ribellione capeggiata da Li Zicheng che riesce a occupare Pechino. Le truppe imperiali a nord della frontiera chiederanno aiuto ai mancesi, un popolo tonguso discendente degli Jurcen. La Cina dei Ming cade sotto i mancesi che fondano nello stesso anno la dinastia Qing (1644-1912).

L’imperatore Kang Xi (1661-1722), il secondo imperatore Qing, estende il dominio anche al sud della Cina, riuscirà a limitare l’avanzata russa in Siberia, sottomette i principi mongoli e nel 1720 impone la propria sovranità sul Tibet, una sovranità che verrà consolidata con l’imperatore Qianlong (1735-1796). Nonostante i tentativi dell’imperatore Jia Qing (1796-1820) di tenere la Cina isolata, il Regno di Mezzo dovrà arrendersi alla pressione straniera e aprire al mondo esterno.

Le guerre dell’oppio

Così sono denominate le due guerre combattute dalla Cina contro la Gran Bretagna (1839-1842), e tra la Cina e la colazione anglo-francese (1858-1860). L’origine delle medesime è attribuita al traffico di oppio organizzato dagli inglesi, a causa della indisponibilità della Cina ad aprirsi al commercio estero.

All’opposizione cinese, gli inglesi risponderanno con un commercio di oppio proveniente dall’India. Nel marzo del 1839, di fronte alla minaccia di una piaga sociale che si stava facendo sempre più ampia, il governo cinese reagisce con la distruzione di 20.000 casse di oppio, sotto l’ordine dell’imperatore Tao Kuang provocando lo scoppio delle ostilità. Nel 1841, la flotta inglese assedia Canton e Nanchino, obbligando la Cina a sottoscrivere il ‘‘Trattato di Nanchino’’ (29 agosto 1842), che le impone l’apertura al commercio estero di cinque porti e altre facilitazioni commerciali, oltre a dare in concessione l’area di Xiang Gang (Hong Kong).

Quindici anni dopo le ostilità riprendono a causa della volontà cinese di non legalizzare la vendita di oppio. Le armate franco-inglesi sconfiggeranno quelle cinesi giungendo fino a Pechino e obbligando i governanti della Città Proibita a legalizzare la produzione e vendita di oppio. Inoltre la Cina perderà sovranità su porti e dogane.

Le due guerre dell’oppio, avevano dimostrato quanto il paese fosse arretrato e impreparato a predisporre un’offensiva contro lo straniero invasore. Nello stesso tempo, l’arrivo di inglesi e francesi, aveva portato con se non solo la richiesta del libero commercio, ma anche le idee soprattutto religiose. Come sempre nella storia cinese, i primi segni di ribellione vengono dal sud del paese, e anche in questo caso la prima rivolta, e con essa i segnali di un malcontento che stava dilagando nel paese, provengono dalla area sotto lo yang zte: tale ribellione è nota come “Rivolta dei Taiping”.

La Rivolta dei Taping o della Grande Pace

Rivolta contadina che si sviluppa tra il 1850 e il 1864 contro i mancasi, gli inglesi e i francesi. Il suo ideatore è Hong Xiuquan (1814-1864). Dopo un biennio di pesanti carestie, tra il 1848 e il 1850, la rivolta si estende dalle province meridionali del Guanxi e Guandong, a 16 delle 18 province imperiali. Nel 1851 Hong proclama decaduta la dinastia mancese e si autoproclama Celeste Sovrano, ponendo la capitale a Nanchino. Proponeva un curioso sistema di riforme basato su un sincretismo ebraico-cristiano, taoista-confuciano. Il successo iniziale della rivolta, è determinato dai suoi metodi di guerriglia, una rivolta itinerante. Nel momento stesso in cui si ferma cercando di darsi un potere centrale, a Nanchino, perde però forza ed efficacia. Non è solo l’intervento delle potenze occidentali, tra l’altro richiesto dai cinesi a porre fine all’esperimento, quanto i dissidi interni ai Taiping e ad una radicalizzazione dei loro principi. Lo scontro decisivo si avrà a Nanchino, quando la città sarà conquistata dalle truppe anglo-francesi, e Hong si suiciderà.

All’interno della corte si viene a creare una corrente favorevole ad una modernizzazione del paese, che tenta di introdurre tecnologia europea ma evitando cambiamenti a livello amministrativo.

Nel 1861 il potere imperiale è nelle mani di Cixi, una delle figure più importanti della storia imperiale cinese.

Vedova dell’imperatore Xiang Feng, morto nel 1861, detiene il potere prima per il figlio Dongzhi, poi per il nipote Guanxi negli anni dopo la rivolta dei Taiping. Tradizionalista, osteggerà sempre le istanze riformatrici perseguite da Guanxi, al quale cede il potere nel 1889. Nel 1895, Pechino subisce una pesante sconfitta da parte dell’esercito giapponese, che sotto le pressioni americane di pochi decenni prima aveva reagito alla richiesta di aprire il paese del Sol Levante al commercio, in maniera nettamente opposta rispetto alla Cina. Con quella nota come Rivoluzione Meji, l’arcipelago nipponico aveva intrapreso una serie di riforme, che non solo lo renderanno presto protagonista in estremo oriente, ma lo condurranno alla vittoria nel 1905 contro una potenza europea, la Russia.

Nel 1898, a seguito di un periodo noto come ‘‘i cento giorni delle riforme’’, patrocinato dall’imperatore Guanxi, Cixi reagisce facendolo arrestare e abolendo tutte le riforme da questi introdotte.

Nel 1900, Cixi appoggia la Rivolta dei Boxer, sempre nel tentativo di riprendere il controllo del paese.

La rivolta dei Boxer

“Boxer” è il nome occidentale con il quale vennero chiamati gli aderenti alla società I-HO-CHUAN (Pugno della Giustizia e dell’Azione), sorta nella regione dello Shandong, a fine 19° secolo.

D’ispirazione xenofoba e antidinastica, la società trovò l’appoggio dell’imperatrice Cixi e nel 1899 promosse una serie di manifestazioni contro gli europei e i cinesi che si erano convertiti al cristianesimo, coinvolgendo il potere imperiale nella guerra che si scatena nel 1901. Guerra che terminerà in maniera disastrosa per i cinesi, e che sottoporrà Pechino a subire ingerenze sempre maggiori.

Nel 1908 Cixi muore in circostanze misteriose, e sul trono sale l’ultimo imperatore, Puyi. Puyi e’ troppo giovane perché possa governare e la Cina è oramai un paese in piena rivoluzione: la voglia di riforme non può più essere arginata.

Nel 1911, la rivolta parte dal Sud, da Nanchino, dove viene proclamata la Repubblica Cinese, e Sun Yat Sen è proclamato Presidente.

La corte imperiale tenta di fermare la rivolta affidandosi al Generale Yuan Shikai, già fedelissimo dell’imperatrice Cixi il quale, invece di armarsi contro i rivoltosi, viene a patti con questi. Yuan Shikai, a seguito delle trattative con i rivoluzionari di Nanchino, è nominato Presidente della neo repubblica, mentre Sun Yat Sen fonda il Guomindang.

La Repubblica 1912-1930

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale il Giappone, che lotta a fianco dell’Intesa, occupa quelle che erano le concessioni tedesche. Tokyo pone le famose ‘ventuno domande’, volte a fare della Cina un protettorato. Alla morte di Yuan Shikai, nel 1916, la Cina anch’essa si schiera con le potenze dell’Intesa, contro Germania, Impero Austrungarico e Impero Ottomano. Nonostante la vittoria raggiunta nel 1919, al congresso di Versailles, durante il quale vengono redatti i trattati di pace tra le varie potenze, alla Cina viene negata la possibilità di riottenere la sovranità sulle concessioni tedesche occupate dai giapponesi. A questo rifiuto fa seguito, l’organizzazione di un movimento anti-imperialista, noto come il ‘Movimento del 4 Maggio’, che chiede dopo un secolo di umiliazioni da parte delle potenze occidentali, l’abbandono della ‘via confuciana’, e l’adozione di modelli occidentali adattati però al contesto cinese.

Nel frattempo la Cina oramai è divisa tra un nord in mano ai signori della guerra, un nord ovest (Xinjiang e Tibet), dove Russia e Inghilterra giocano le ultime carte di quello che per un secolo e mezzo è stato il teatro del Grande Gioco, per controllare l’area dell’Asia centrale, e un sud dove si cerca di fare decollare l’esperimento della repubblica.

Nel 1921 viene fondato il Partito Comunista Cinese (PCC), non a seguito di una scissione come i partiti comunisti europei, ma per diretto influsso della Rivoluzione d’Ottobre.

Nel 1924, il PCC entra a far parte del Guomindang (GMD). L’anno seguente a seguito della morte del fondatore del GMD, la leadership del partito passa a Chang Kai Shek.

Tra il 1926 e il 1927 GMD e PCC congiuntamente iniziano delle spedizioni per unificare la Cina, ma le differenze di pensiero tra le due correnti politiche non sono in grado di favorire l’alleanza. Nel 1927 Chang, legato alla borghesia compradora rompe con il PCC, e fonda a Nanchino un governo di unità nazionale riconosciuto dalle potenze occidentali. Nello stesso anno il PCC tenta a Canton un’insurrezione che però fallisce. I motivi del fallimento sono da ricercarsi nelle due anime del partito stesso, una che fa capo a Mao, e che è volta alla saldatura tra combattenti comunisti e masse contadine, e l’altra corrente impostata sul modello sovietico.

La Repubblica 1931-1949

Nel 1931, il Giappone invade la Manciuria, e instaura lo stato fantoccio del Manciuguo. I comunisti divisi al loro interno tra bolscevichi e maoisti, iniziano a formare delle comunità rosse (soviet rurali) soprattutto nella regione dello Jiangxi. Questo “soviet” nello Jiangxi, resiste alle campagne d’annientamento che Chang Kai Shek lancia in questo periodo. I Membri del PCC resistono fino all’ottobre del 1934 quando, stretti d’assedio dai nazionalisti, cominciano la ‘‘Lunga Marcia’’ verso lo Shanxi. Dodicimila chilometri percorsi in un anno, durante i quali è approvata la strategia rurale di Mao. Le tesi di Mao, iniziano a riscuotere un più vasto consenso anche perché mentre il GMD voleva prima annientare il PCC e poi provvedere a lottare contro gli invasori giapponesi, Mao sin dall’inizio delle ostilità aveva sempre proclamato la necessità di combattere i soldati dell’imperatore Hirohito e poi i nazionalisti.

Un riavvicinamento breve ed effimero tra i due partiti cinesi si avrà solo nel 1937, con la formazione del Fronte Unito, a seguito della dichiarazione di guerra giapponese.

Ma le divergenze tra le due opposte fazioni non tardano a manifestarsi: Mao è per una strategia di guerriglia, Chang fa l’attendista, riponendo attese in pseudo aiuto occidentali che non arrivano.

Nel frattempo nelle campagne il PCC ha iniziato a porre le basi della riforma agraria.

Nel dicembre 1941, l’attacco giapponese a Peaurl Harbour fa sperare Chang Kai Shek in un aiuto da parte degli Stati Uniti. Una speranza illusoria, l’unico aiuto che riceverà il GMD dall’America sarà durante la fuga verso l’isola di Taiwan, nel 1949.

Nell’agosto a seguito delle bombe atomica su Hiroshima e Nagasaki, il Giappone si arrende. La Manciuria o Manciuguo, lo stato fantoccio sul quale i militari nipponici avevano insediato l’ultimo imperatore cinese Puyi, viene occupata dai russi.

La guerra civile si procrastina per altri quattro anni. Si conclude con la fuga di Chang kai Shek e dei suoi fedelissimi, sotto scorta americana. Prima della fuga si deve segnalare come il leader del GMD avesse trafugato tutti i tesori della Città Proibita che attualmente infatti sono esposti a Taipei.

Il 1 Ottobre 1949, il leader maximo del PCC proclama la fondazione della Repubblica Popolare Cinese con la celebre frase,‘‘Zhong Guo Renmin Zhan Qi Lai” il popolo cinese si è alzato’’.

Le prime potenze a riconoscere la Repubblica Popolare sono Unione sovietica e Gran Bretagna.

La Cina comunista

Conquistato il potere, il PCC di Mao deve ricostruire il paese attraverso la trasformazione dei rapporti di produzione e di classe in senso socialista. Nel documento Sulla dittatura democratica del popolo, del 1949, Mao Tse Tung dichiara che il dominio assoluto sarebbe stato esercitato da 4 classi: gli operai, seguiti dai contadini, dalla borghesia e ai margini la borghesia nazionale.

I primi provvedimenti varati dalla nuova dinastia cinese sono la riforma agraria e quella del matrimonio. Quest’ultima contribuisce ad introdurre la parità tra i coniugi. Altre direttive fanno riferimento alla continuazione della riforma agraria e allo sviluppo dell’industria pesante.

Vengono requisite e nazionalizzate senza indennizzo tutte le industrie che facevano capo a esponenti del Guomindang o a proprietari stranieri. Nell’aprile del 1951 comincia la confisca delle attività con la requisizione della proprietà della Shell Oil. Tutte confische che lasciano al nuovo governo il controllo di un’ampia varietà di imprese. Non è ancora il tentativo di stabilire una gestione di tipo statale, pur tuttavia aumenta il controllo sulle imprese private e molti membri della borghesia nazionale diventano vittime della campagna dei ‘‘cinque anti’’, una sorta di rivolta contro il sistema del guanxi, ossia del rapporto personale basato sulla famiglia, sulla residenza, sulla scuola e amicizia, che implicitamente stabiliva chi sarebbe stato assunto da un’impresa o da un’istituzione. Era un modo di penetrare a fondo nella comunità dei piccoli affari.

Nel 1953, viene varato il primo piano quinquennale che prevede le prime severe limitazioni nei confronti del capitalismo privato. Il concetto di rivoluzione permanente resta alla base della nuova Cina comunista. Sigla trattati con l’URSS di Stalin e partecipa alla guerra di Corea.

Nel 1951 annette il Tibet.
Nel 1954 partecipa alla Conferenza di Ginevra per cercare una soluzione ai problemi in Indocina. Nel 1955 è presente alla Conferenza di Bandung che segna la nascita del movimento dei paesi non allineati né con l’America né con l’Unione Sovietica.

Nel 1956 Mao lancerà la Campagna dei “Cento fiori”, 百花齐放百家争鸣 (baihua qifang, baijia zhengming): “che cento fiori sboccino che cento scuole si confrontino’. È il tentativo di portare gli intellettuali dalla parte del partito, ma si conclude in un disastro. Gli intellettuali, tutt’altro che soddisfatti, manifesteranno tutta la loro ostilità a dei cambiamenti che tutto facevano tranne che portare la Cina avanti.

Nel 1958 è lanciata la campagna del ‘‘Grande Balzo in avanti’’ e vengono create le comuni popolari. Contemporaneamente ha inizio un periodo di gelo con l’URSS, a causa dei disaccordi tra i due paesi sul processo di destanilizzazione inaugurato da Krysciov e della seguente distensione con l’America. Nel 1959, la rottura dei rapporti economici tra le due nazioni comuniste ha delle pesanti ripercussioni sull’economia cinese. La rottura delle relazioni diviene esplicita nel 1963. Nello stesso anno emergono le divergenze nella classe politica cinese tra Liu Shaoqi, che per la costruzione del socialismo puntava sull’incremento della produzione, e Mao che puntava a creare una coscienza socialista fortemente egualitarista. Questa divisione si rifletteva ovviamente su qualsiasi relazione: città-campagna, centro-periferia, operai-tecnici.

Sono anni questi di forti tensioni sociali in Cina, come nel resto del mondo. I germogli che porteranno alla Rivoluzione culturale sono gia presenti, aspettano solo un buon pretesto per essere infuocati. Mao sta vivendo un periodo di ostruzionismo alla sua linea politica da parte dei quadri di partito, e per ritrovare un peso si affida agli studenti. La rivoluzione culturale parte da una polemica sul carattere borghese o meno di un opera teatrale. Da culturale lo scontro diviene politico. Dalle università di Pechino si denuncia il rischio di una restaurazione borghese: nascono le Guardie Rosse, che appoggiano il “leader maximo”. Mao lancia la campagna nota come ‘‘Bombardare il quartier generale-il Partito’’, è l’affissione dei ‘da zi bao’. È l’agosto 1966. Il Comitato Centrale approva un documento sulla rivoluzione culturale, dove si dichiara che deve essere estesa a tutto il Paese. Dalle fabbriche alle campagne, lo scontro culmina nel 1969 con l’espulsione di Liu Shaoqi dal PCC.

Durante il 9° congresso del partito comunista avvenuto durante l’aprile 1969, solo il 20%dei dirigenti del comitato viene riconfermato, mentre a Mao è rinnovata la presidenza del Comitato Centrale.

La rivoluzione culturale accelera i rapporti negativi con l’Unione Sovietica. Nel 1969, gli scontri sul fiume Ussuri tra reparti sovietici e cinesi, portano ad un ulteriore congelamento delle loro relazioni. Le trattative per sbloccare la situazione verranno condotte da Zhou En Lai e Kosykin.

Ma il 1969 è anche l’anno durante il quale l’intero mondo è percorso da proteste. Per l’America è la guerra in Vietnam, per l’Unione Sovietica è la Cecoslovacchia. Gli Usa devono trovare una soluzione per ritirarsi dignitosamente dall’Estremo Oriente, e l’unica soluzione è un avvicinamento verso la Cina comunista. Nel 1971, la Cina prende il posto di membro permanente del Consiglio di Sicurezza, sostituendo Taiwan. Non è una rottura completa quella perpetrata dagli americani nei confronti di Taipei, la settima flotta resta a monitorare le mosse militari di ambo le parti e a sostenere l’isola ribelle, definita da Pechino nei suoi elenchi telefonici, ‘‘una provincia momentaneamente assente dall’elenco del telefono’’, ma una semplice mossa di real politik.

Nel febbraio del 1972 la svolta americana è palese: la visita di Nixon in Cina e la firma del celebre ‘‘Comunicato di Shanghai’’, sanciscono il nuovo corso.

Dopo l’affare Lin Biao, designato come successore di Mao ma misteriosamente deceduto in un incidente aereo nei cieli della Mongolia, nel settembre dello stesso anno si provvede a reinserire la vecchia guardia che era stata epurata con la rivoluzione culturale, in particolare viene reinserito Deng Xiaoping.

Nel gennaio del 1976 muore il Primo Ministro Zhou En Lai e gli succede Hua Guofeng. Un nuovo scontro si prefigura, tra chi appoggia la linea produttivistica di Deng e chi invece è contrario. Deng Xiaoping viene nuovamente allontanato dal governo, ma la morte, nel settembre dello stesso anno, di Mao Ze Dong, apre una nuova fase nel corso della storia cinese. Hua Guofeng viene nominato anche Presidente del Partito, una decisione contrastata dall’ala radicale del partito comunista, quella capeggiata dalla cosiddetta ‘‘banda dei quattro’’, tra cui spicca il nome di Jiang Qing, vedova di Mao.

Se gli anni ’70 si chiudono con i ‘‘maoisti moderati’’, la vigilia degli anni ’80, vede la vittoria dell’ala produttivistica di Deng, e la rimozione di Hua Guofeng dalle cariche che deteneva: Zhao Ziyang, viene nominato Primo Ministro e Hu Yaobang viene nominato Presidente del Partito, sono i due uomini di Deng Xiaoping.

Riforma e apertura, il nuovo corso inaugurato da Deng Xiaoping

Il 1979 è l’anno della svolta in Cina. Deng non rinnega formalmente la rivoluzione, ma ne rinnova i contenuti sino a stravolgerla. Avvia un processo di riforme, che porterà all’introduzione di quello che sarà poi definito ‘‘socialismo di mercato’’. Reintroduce l’idea di ‘profitto’, avvia il processo di smantellamento delle Comuni, crea le Zone Economico Speciali (ZES), che verranno istituite in quei porti che centocinquant’anni prima erano stati fatti aprire dagli inglesi e dai francesi.

Il risvolto negativo della crescita economica iniziata con le riforme, è l’insorgere di disuguaglianze sempre più forti tra le classi sociali e le aree geo-economiche del Paese. Del malcontento, già a metà degli anni ’80 si fanno interpreti studenti e intellettuali che iniziano timidamente a reclamare riforme anche in ambito politico, riforme che il partito non intende concedere. Nel 1986, una nuova epurazione colpisce i vertici del PCC. Hu Yaobang, troppo favorevole alle riforme viene sostituito da Zhao Ziyang che viene nominato Presidente, mentre Li Peng diventa Primo Ministro e si fa portavoce di una linea dura contro le proteste.

Nel 1989, il dissenso da parte degli studenti diviene sempre più manifesto. La visita di Gorbaciov a Pechino nel maggio dello stesso anno, dà una nuova spinta alle richieste di riforme in senso democratico. Le manifestazioni di protesta hanno luogo a Piazza Tiananmen, già sede delle proteste del 4 maggio 1919, e di quelle del 1976 avvenute dopo la morte di Zhou Enlai. Il 4 giugno del 1989, le proteste da parte degli studenti vengono fermate dai blindati cinesi. Li Peng, proclama la legge marziale, mentre Zhao Ziyang, che aveva manifestato l’idea di instaurare un dialogo, viene sostituito da Jiang Zemin. Non è mai stato reso noto quante siano state le vittime di Piazza Tiananmen. È stato stimato che ammontano in torno alle cinque mila, ma se da una parte negano che ci siano state vittime, dall’altra si parla di cifre molto più elevate.

Dopo i fatti di Tiananmen, la Cina viene nuovamente isolata dalla comunità internazionale, ma solo per un breve periodo. La caduta dell’Unione Sovietica, infatti, con i cambiamenti politico-economico-geografici, comporterà un nuovo equilibrio dei poteri in quella regione che si muove dalla Siberia al Mar Caspio.

Nel 1993 Jiang Zemin è nominato Presidente della Repubblica, mentre Li Peng mantiene la carica di Primo Ministro.

Nel 1997 muore l’artefice della nuova Cina dal volto social-capitalista, Deng Xiaoping, e nel 1998 Jiang Zemin è rieletto Presidente della Repubblica. Li Peng viene sostituito da Zhu Rongji, ex vice-ministro dell’economia. La crisi del sud-est asiatico che sconvolge le economie dei paesi dell’area, in particolare di quelli definiti ‘’le tigri del sud-est’’ (Hong Kong, Corea del Sud, Taiwan e Singapore), lascia indenne il Paese di Mezzo. Nello stesso 1997, Hong Kong torna sotto sovranità cinese, mantenendo però lo statuto britannico per un periodo di 50 anni. Nel 1999 è la volta di Macao, ex colonia portoghese, che negli ultimi anni è diventata una sorta di Las Vegas dell’estremo oriente.

Dopo il rinnovo della sua carica, Jiang nomina come suo successore Hu Jintao, all’epoca vice-Presidente e membro del comitato permanente del Politburo.

Il 2001 è un anno fondamentale. Viene infatti varato il decimo piano quinquennale con l’obiettivo di ridurre le forti divergenze economiche tra, l’est più ricco e l’ovest che ancora resta indietro rispetto allo sviluppo economico delle coste. I due progetti principali di questa campagna nota come ‘apertura verso l’ovest’, sono il gasdotto che ha legato la lontana città di Urumqi nel Xinjiang, a Shanghai, e la ferrovia che ha collegato Pechino a Lhasa, in Tibet.

Jiang Zemin lascia la guida del partito comunista nell’autunno del 2002: per la prima volta, ai vertici del PCC, si trova solo una casta di dirigenti provenienti dalla classe imprenditoriale. Nel marzo 2003 Hu Jintao è eletto Presidente, ma rispettando la tradizione cinese che vuole che il potere venga concesso in maniera ‘‘diluita’’ al successore, Jiang mantiene la carica di Capo della Commissione Militare. Nello stesso anno viene eletto Wen Jiabao a Premier del Consiglio di Stato. Nel dicembre 2005 viene nominato anche Capo della Commissione Militare, succedendo a Jiang Zemin.

Ad oggi entrambi, Hu Jintao e Wen Jiabao, sono ancora in carica.

Cultura Cina

Per secoli, le imponenti barriere geografiche hanno costituito un confine naturale che ha protetto e isolato i cinesi dal contatto con l’esterno. A ovest gli altopiani dell’Himalaya e del Tibet, da est a sud-est una striscia costiera di 18.000 chilometri. Da est a ovest, dal confine orientale del massiccio del Pamir alla confluenza dello Heilong Jiang e del Wusuli Jiang, la distanza è di 5.200 chilometri. È di 5.200 chilometri la lunghezza del confine dalla città più a nord di Mohe, che si trova sul confine nord-orientale con la Russia, alla barriera corallina di Zhengmu sulle isole Nansha nel mare Cinese Meridionale.

Il clima, date le dimensioni del paese, il terzo più grande al mondo dopo Russia e Canada con quasi le stesse dimensioni dell’Europa, varia molto da regione a regione. Il fattore determinante è la posizione della Cina sul limite del continente asiatico sull’oceano Pacifico. Nell’inverno si formano masse d’aria fredda sulle zone di alta pressione del continente che poi si spostano verso sud, comportando inverni secchi. Da maggio a settembre, i monsoni estivi che arrivano dal Pacifico, seguono un percorso da sud a nord.

Le regioni a nord-est e la Mongolia interna hanno estati brevi e calde e inverni lunghi e freddi. A ovest si trovano le regioni desertiche mongole e del Xinjiang con un clima simile ma caratterizzate da venti forti. La regione himalayana è caratterizzata da lunghissimi inverni freddi e estati cortissime. Le regioni centrali sono caratterizzate da temperature elevate e da forti precipitazioni soprattutto in agosto. La Cina Meridionale ha invece inverni moderati e estati calde e umide.

Da un punto di vista topografico la Cina è per i due terzi collinosa e coperta di altopiani, tra i quali il più alto è quello del Tibet-Qinghai, che raggiunge i 4.000 metri e comprende Tibet, Qinghai e Sichuan. Da questa regione nascono i fiumi principali della Cina e del sud-est asiatico. Lo Huang He (fiume giallo) e il Chang Jiang (fiume Yangze) scorrono a est dell’altopiano, mentre lo Zangbo Jiang (Brahmaputra), il Nu Jiang (Salween) e il Lancang (Mekong) scorrono verso sud-est e sud, attraversando alcuni dei paesi confinanti a sud con la Cina.

Questa struttura a terrazze è il risultato di massicci movimenti tettonici sotto la massa cinese, che, in perenne movimento, sono stati e sono, causa di terremoti. Il più famoso resta quello del 1976 nel Tangshan, 145 chilometri a est di Pechino che costò la vita a 665.000 persone.

Al di sopra di queste terrazze spiccano le cime più alte del mondo. Qui si è formata la Catena dell’Himalaya, una delle più giovani al mondo, dove si trova il monte Shengmufeng, noto come Everest, alto 8.848 metri. Più a nord si trovano le Montagne Kunlun e la Catena del Tianshan. Queste due formazioni geologiche racchiudono il famoso Deserto del Taklaman. La Catena dello Hengduan, una vera barriera naturale si trova tra il Sichuan e lo Yunnan, mentre la Catena del Grande Xingan, a nord-est, è un confine naturale tra la Manciuria e le terre mongole.

Per quanto concerne la mappa idrografica della Cina, va detto che la culla della civiltà cinese è da ricercarsi nella confluenza dei fiumi Huang e Wei. Il fiume Huang He meglio noto in occidente con il nome di ‘fiume giallo’, è il più importante fiume cinese. Il suo nome deriva dal colore delle sue acque, che diventano gialle quando, attraversando l’altopiano del Loess, nella Cina centrale, si riempiono della terra gialla ivi presente. Lo Huang He nel corso dei secoli, ha subito diverse variazioni nel suo corso, sia per cause naturali sia per mano umana. La più celebre è quella del 1938, quando le truppe nazionaliste distrussero le dighe dell’Hennan per deviare il fiume e rallentare l’avanzata giapponese. È stato ricondotto al suo attuale corso nel 1947.

Il Chang Jiang, meglio conosciuto come Yangtze, è invece il fiume più lungo della Cina, e il terzo al mondo. Lungo 6.300 chilometri, ha la sua sorgente tra le montagne Tanggula nella provincia del Qinghai. Causa di svariate inondazioni — la più grave risale al 1931 quando morirono oltre 3 milioni di persone — , è molto conosciuto negli ultimi anni per il faraonico progetto che lo interessa. Lungo una striscia di 200 chilometri, le Sanxia, le Tre Gole, Pechino sta realizzando la Diga delle Tre Gole, con l’obiettivo di controllare le sue acque, ma anche per produrre energia elettrica. Produrrà infatti un nono del fabbisogno cinese di elettricità.  Una volta completata sarà la diga più grande del mondo, alta 180 metri e lunga 2.25 chilometri, con una riserva d’acqua di oltre 640 chilometri cubici, coprirà un’area pari alla città di Los Angeles. Un altro progetto parla della futura costruzione della diga più alta del mondo, sul fiume Lancang (Mekong), nella provincia dello Yunnan. Sarà alta 292 metri.

La popolazione cinese

I cinesi riconoscono se stessi come i discendenti della dinastia Han. Rappresentano la maggioranza della popolazione in tutte la regioni, tranne che nel Tibet, dove per il 98% troviamo popolazione tibetana. Se i cinesi ammontavano già a 50 milioni sotto la dinastia Tang (742 d.c.), sotto Gengis Khan (1250 d.c.), erano il doppio. Metà del 18°secolo erano circa 300 milioni mentre arrivavano già a 400 milioni nel 1850. Nel 2000 l’ultimo censimento dava la popolazione a 1.29 miliardi. Si è potuto contenere il numero degli abitanti grazie anche alla legge varata nel 1979, che ha imposto la politica del figlio unico. Nel 1993 uno studio sosteneva che solo in quell’anno si erano evitate 200 milioni di nascite.

In Cina, la discendenza è maschile, perché è il maschio che tende a sostenere i genitori, e questo ha contribuito a creare una disparità tra i due sessi. Non sono rari i casi di infanticidio femminile, soprattutto nelle campagne. A partire dal 1979 inoltre, con l’introduzione dell’uso dell’ecografia, che consente di sapere in anticipo il sesso del nascituro, la forbice tra maschi e femmine ha continuato ad aumentare. Se dal 1953 al 1964 le quote dei sessi alla nascita erano di circa 105 maschi per ogni 100 femmine, nel 1982 questo rapporto si è tramutato in 108 maschi per ogni 100 femmine, per arrivare al 1992 a contare 119 maschi ogni 100 femmine. Secondo alcune stime del governo, se questo trend non cambierà, presto in Cina ci potrebbero essere tra i 50 e 70 milioni di scapoli.

Per quanto concerne i valori familiari, la famiglia resta ancora un’istituzione molto importante, secondo il modello dei valori confuciani che pone al primo posto il rispetto dei genitori. Benché sia quasi improbabile ormai in città, nelle zone rurali non è così raro vedere tre generazioni vivere tutte sotto lo stesso tetto, con i figli che hanno la responsabilità dei nonni. La figlia invece, una volta sposata diviene membro della famiglia del marito.

Sul piano sociale, viaggiando per le città cinesi, è normale vedere la mattina presto nei parchi cittadini uomini e donne praticare il taijiquan, una disciplina che simula un combattimento con avversari invisibili, fatto di lunghi e lenti movimenti.

I cinesi amano stare in compagnia, e il luogo preferito è il ristorante, dove si consumano veri e propri banchetti. In città dopo cena nelle strade si riversano moltitudini di persone, soprattutto giovani, che proseguono la loro serata in locali, come bar e discoteche.

In un paese, come la Cina, dove la crescita sta portando con sé come conseguenza la formazione di una società sempre più individualista, le feste nazionali sono un momento per stare insieme, tornare nei paesi di provenienza.

Sono quattro le feste più importanti in Cina, la Festa della Primavera, conosciuta anche come la festa del Nuovo Anno Lunare, che si svolge in gennaio o in febbraio. Il Festival Qingming nel dodicesimo giorno del terzo mese lunare, in aprile, è un’occasione per un tributo agli antenati. Si puliscono le tombe, si brucia del denaro come vuole la tradizione buddista e si offre del cibo in onore dei defunti. Nella Festa del Barca del Drago, nel quinto giorno del quinto mese lunare, luglio normalmente, viene commemorato Qu Yuan, ministro e poeta, che nel 278 a.C., si lasciò annegare disperato per il futuro del suo paese. È una festa questa, celebrata soprattutto nella Cina del sud, e durante il suo svolgimento si mangiano gli zong zi, dolci di riso avvolti in foglie di loto. La Festa di Metà Autunno, anche nota come Festa della Luna, cade il quindicesimo giorno dell’ottavo mese lunare, tra settembre e ottobre. È una festa molto importante soprattutto per gli innamorati. Al sud, in città come Hangzhou la città cinese preferita per celebrare i matrimoni, è una festa molto rinomata. Durante il suo svolgimento è tipico mangiare i dolci della luna. Si racconta che durante la dinastia Yuan (1279-1368), periodo di occupazione mongolo, i cinesi han, comunicassero con bigliettini all’interno dei dolci di luna.

La religione

Come in tutto il sud est asiatico, prima della diffusione dell’Islam prima e del cristianesimo poi, due erano le correnti filosofiche diffuse: il confucianesimo e il taoismo, due scuole di pensiero nate durante il periodo delle ‘Primavere e Autunni’ (7°secolo a.C.), quando si svilupparono le cosiddette ‘Cento Scuole’. Il buddismo è stato importato dall’India intorno al 1°secolo d.C.

L’islam arriva a propagarsi in Cina intorno all’8°secolo d.C, con l’arrivo dei primi mercanti musulmani. Oggi la maggioranza dei mussulmani si trovano in Xinjiang, la regione autonoma uigura vicino all’Afghanistan, e in Ningxia.

Il cristianesimo fa la sua comparsa in Cina intorno all’anno 635, grazie ai nestoriani. Per un periodo questa religione si diffonde, ma è durante la dinastia Yuan che iniziano i primi contatti tra la Chiesa di Roma e l’Impero di Mezzo. Si ritiene che la prima chiesa cattolica sia stata costruita da un monaco francescano che arrivò a Pechino nel 1295. Durante il periodo Ming, i missionari cattolici iniziarono ad essere molto attivi in Cina, ma il più noto resta l’italiano Matteo Ricci, un missionario gesuita. I gesuiti, eccelsi nello studio delle scienze, usarono questo loro vantaggio per accreditarsi presso la corte, e furono meno vessati rispetto alle altre correnti cristiane più dogmatiche e che tendevano ad intromettersi maggiormente nella vita di corte.

Sebbene durante il periodo comunista, la religione sia stata condannata e proibita in quanto considerata nemica dell’ideologia, dopo la riforma economica del 1979 vi è stata una leggera apertura. Vengono tollerati confucianesimo, buddismo e taoismo. Per quanto concerne l’islam e il cristianesimo, esiste una specifica chiesa cattolica controllata dal Partito, come una direzione dell’islam altrettanto sotto supervisione di Pechino. Il partito si riserva di nominare vescovi e imam.

Feng shui

Un discorso a parte lo merita il feng shui, letteralmente ‘vento e acqua’, costituito da un insieme di leggi spirituali tradizionali, usate per attirare la fortuna. Il feng shui si basa sul principio del qi, lo spirito vitale, diviso in yin e yang, gli elementi vitali femminile-passivo e maschile-attivo. Oggi le moderne corporazioni in Cina considerano il feng shui molto seriamente. A Hong Kong, dove oggi sorgono la Hutchison House e la Bank of America, una volta raggiunta la sua altezza definitiva, venne celebrata una cerimonia feng shui per calmare gli spiriti, poiché durante la seconda guerra mondiale nella medesima area ci fu un’esecuzione di massa. Anche gli stranieri che vivono in Cina, sono stati contagiati dal feng shui.

Medicina cinese

Si ritiene che la medicina cinese risalga a 5.000 anni fa, a Shennong, un contadino al quale attribuisce la scoperta delle erbe mediche. Nello Shennong Bencaojing (il classico di Shennong in campo medico), vengono descritti gli effetti medici di 365 erbe, mentre lo Huang Dineijing (il canone di medicina interna dell’Imperatore Giallo), è un testo fondamentale della medicina tradizionale cinese. La filosofia dello yin e dello yang e la teoria dei cinque elementi formano un sistema di categorie che spiegano le complesse relazioni tra le parti del corpo e l’ambiente, e rappresenta la base della medicina cinese.

L’agopuntura è una pratica molto diffusa, basata su una teoria di canali attraverso i quali si cerca di rimettere in equilibrio i meridiani.

L’arte calligrafica

La scrittura spesso definita un ramo della pittura, in verità è una vera forma d’arte. Nel corso della storia cinese, la scrittura è stata vista come indicatore di intelligenza, dello status sociale ma soprattutto come mezzo di conservazione della cultura. L’arte della calligrafia ha sempre rappresentato nell’ambito del sistema degli esami imperiali, un mezzo per accedere ad alte cariche. Quattro sono gli stili basilari di scrittura. L’antico xiao chuan, ovvero ‘caratteri del piccolo sigillo’, risalente alla dinastia Qin (221-206 a.C.), molto complesso. Il li shu, di epoca Han usato nelle iscrizioni ufficiali. Lo stile corsivo, il cao shu, molto personale. E infine il kai shu, più libero, è diventato la base dell’attuale standard calligrafico.

La letteratura

I numerosi dialetti in Cina, hanno da sempre favorito la parola scritta, come mezzo di unificazione anche del paese. I primi testi più noti sono, gli Annali della primavera e dell’Autunno, il Libro dei cambiamenti, il Libro dei riti.

La composizione in stile lirico o epico di poesie e poemi è sempre stata considerata molto importante in Cina. Alcuni dei poeti più noti sono Li Po (699-762) e Du Fu (712-770).

Nella narrativa, non c’è bambino che non conosca in Cina il romanzo Viaggio a Ovest e i suoi personaggi: il re scimmia Sun Wukong, il maiale Zhu Bajie, il monaco Shu, il pellegrino buddista e un monaco, Xuanzang. Vi vengono narrate le avventure del re delle scimmie che decide di partire per un viaggio verso l’India per raccogliere scritture sacre di quelle terre. Elementi cinesi, indiani, buddisti e taoisti sono tutti mescolati.

Ma sicuramente il romanzo più noto è Hongloumen, meglio conosciuto come Il sogno della camera rossa, scritto da Cao Xueqin nel 18°secolo, è considerato la più importante opera letteraria cinese.

Dopo il 1949 per decenni la letteratura in Cina è stata impedita. Durante il periodo dei ‘cento fiori’, nel 1956, molti intellettuali espressero la loro disapprovazione per la politica cinese. Marchiati come conservatori, e le loro opere come ‘erbacce velenose’, vennero emarginati dalla società.

Durante il periodo della rivoluzione culturale dal 1966 al 1976, gli intellettuali vengono mandati nelle campagne. È solo a partire dagli anni ’80, con la ‘letteratura della ferita’, che gli scrittori tornano a parlare di se stessi, della società. Un nuovo realismo, la volontà di parlare, iniziare a criticare. Tra il 1979 e il 1990 sono stati pubblicati oltre 2000 romanzi. Se si considera che tra il 1949 e il 1966 ne sono stati pubblicati solo 300, salta immediatamente all’occhio i cambiamenti che stavano attraversando il paese.

Questo non significa libertà di stampa totale. La censura ancora è presente in Cina, controlla e decide cosa si può o cosa non di può scrivere, pubblicare, dire. Autori come Gao Xinjiang, autore della Montagna dell’Anima, da anni in esilio a Parigi è uno dei tanti esempi che potrebbero essere citati.

La cucina

Una delle conseguenze date dalla vastità del territorio cinese, oltre ad una miriade di prodotti agricoli totalmente diversi, è data dalle differenti cucine.

Il riso è l’alimento base di molti cinesi, anche se chi vive nel nord mangia cibo ricavato dalla farina come spaghetti, pane al vapore, fagottini. I germogli di soia sono un ingrediente base della cucina cinese. Se il maiale è la carne più popolare in Cina, si assiste comunque ad un largo consumo anche di carne di mucca e pecora. Le verdure hanno un ampio spazio nella cucina ma per ragioni anche igieniche, non vengono quasi mai consumate crude.

Sono quattro gli stili regionali cinesi in cucina: quella cantonese, nella provincia del Guangdong (vicino a Hong Kong): la sichuanese, tipica delle città di Chengdu e Chongqing; quella huaiyang, che include le cucine orientali di Shanghai, Jiangsu e Zhejiang; la cucina del nord, tipica di Pechino ma con evidenti richiami a quella della vicina provincia dello Shandong.

A cucina cantonese è la più famosa al mondo. Nella regione di Canton, si usa dire che si mangia qualsiasi cosa a quattro zampe tranne un tavolo, e qualsiasi cosa che voli tranne un aquilone. Famosi sono i dim sum, leccornie spesso servite come brunch o snack. Il cibo cantonese è caratterizzato da una grande varietà, e dalla freschezza dei suoi elementi.

La cucina del Sichuan, è la più saporita di tutta la Cina. Molto conosciuta soprattutto per l’uso del peperoncino, spezia che nella regione viene cucinata in mille modi diversi. Aglio, zenzero  e germogli di soia fermentati sono altri ingredienti tipici di questa cucina. Il peperoncino, si dice a Chongqinq, viene usato per combattere l’umidità del corpo e mantenere l’equilibrio interno dell’organismo. Un tipico piatto di questa regione è l’huo guo, una sorta di stufato di origine mongola. I commensali si siedono attorno ad un tavolo rotondo. Al centro una pentola con del brodo scaldato con del gas. Con i kuaizi, le bacchette, si immergono nel brodo pezzi di verdura o di carne e si mangia.

La cucina dello huaiyang, tipica del basso corso dello Yangze, vede come ingredienti principali il pesce. Gamberetti, granchi, anguille. E ovviamente riso. La zona di Shanghai, Hangzhou, Suzhou, sono le zone delle risaie. È normale percorrere questi tratti in treno e osservare donne ricurve a raccogliere riso. La cucina huaiyang è semplice, delicata, nulla a che vedere con la cucina del nord.

La cucina settentrionale, infatti, è una cucina più rustica. Abbonda d’aglio e cipolla, manca della varietà delle verdure che si trovano al sud, regioni più fertili. La carne di qualsiasi animale, è l’alimento per eccellenza consumato nel nord della Cina. Un piatto tipico se si visita Pechino, è l’anatra laccata, come a Xian lo sono i ravioli al vapore, specialità della città, cucinati in cento varianti diverse.

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