Ufficio di rappresentanza in Cina. Conviene ancora?

CINA: L’ufficio di rappresentanza? La soluzione migliore per iniziare a consolidare la propria presenza sul mercato cinese: lo strumento di esplorazione prediletto e funzionale. Ecco il contenuto della consulenza offerta a quanti chiedevano in che modo approdare sul territorio cinese. Pochi costi, nessun capitale minimo per operare e la possibilità di assumere comunque staff cinese. Di facciata una vera e propria società ma senza fatture (solitamente emesse in Hong Kong laddove spesso la società può ottenere anche lo status di offshore, godendo della non tassazione di profitti, pratica illegale ma ampiamente diffusa), un regime paradisiaco e con tasse limitate ai consumi. La situazione appare cambiata da quest’anno, con l’applicazione a gennaio della nuova riforma sulla tassazione per i representative office sul territorio cinese; una manovra che in periodo Expo ha spinto le società straniere e tanti nuovi pionieri a considerare seriamente l’alternativa della costituzione societaria a capitale straniero.

La spinta alla valorizzazione delle cosiddette Foreign Invested Commercial Enterprises (FICE) è indubbiamente data dall’aumento netto dell’aliquota applicata ai consumi registrati dagli uffici di rappresentanza (di fatto originariamente l’unico elemento tassabile da parte dell’erario cinese), per un valore finale del 10,94%. Cifra che tra l’altro può subire variazioni consistenti in crescita a seconda del settore di riferimento. Un’aliquota che comincia a pesare se consideriamo che l’ufficio di rappresentanza, non avendo formalmente attività commerciale di alcun tipo, non può dedurre IVA a credito contro IVA a debito ,e nemmeno beneficiare dei rimborsi IVA sull’export.

Se consideriamo poi che la FICE può assumere staff direttamente senza avvalersi di società di intermediazione e di gestione del personale semi governative preposte come da legge per l’attività dei representative office (attività questa che non solo ha giocato al rallentamento nella selezione meritocratica e diretta del personale, ma ha anche rappresentato costi di servizio consistenti) capiamo quanto l’autonomia legale e operativa di una FICE possa in termini di espansione della presenza straniera in territorio cinese, giocare un ruolo di primigenia importanza rispetto ai limiti preposti agli uffici di rappresentanza.

Dato che poi la società di servizi o di transazione commerciale a capitale straniero può operare in piena autonomia in termini di valuta locale, anche per quanto riguarda l’emissione di fatture, senza intermediazione della società di Hong Kong preposta all’attività più distintamente commerciali nel triangolo headquarter, representative office in Cina e società in HK (la cui attività anche in termini di gestione interna rappresenta un costo concreto per l’investitore), tale pratica risulta estremamente agevole e "trasparente", soprattutto in una business vision a lungo termine che punta concretamente a consolidare il proprio ruolo all’interno del mercato.

Tale riflessione risulta ancor più sostenibile se consideriamo la portati di investimenti preposti non solo ad attività di ricerca e promozione commerciale su Cina, ma anche ad attività sourcing, trading o business services operabili dall’investitore, che finiranno con lo strizzare l’occhio alla FICE come soluzione più valida, funzionale per essere operativi e  mantenere controllo diretto sulle operazioni all’interno del territorio, giocando un ruolo decisivo anche in termini di competitività e presenza sul mercato.

Tra l’altro la nuova riforma sulla costituzione e tassazione degli uffici di rappresentanza impone a chi ne sottoscrive l’apertura la dimostrazione dell’esistenza della società coinvolta da almeno 2 anni, insieme a iscrizione alla camera di commercio in Italia e alla lettera di referenza dell’Istituto bancario coinvolto nell’attività di credito per la società medesima nei due anni di attività precedenti all’apertura dell’ufficio di rappresentanza cinese. Tale realtà poi non avrà più operatività riconosciuta dal governo cinese per tre anni ma solo per un anno e non è più possibile da parte dell’investitore richiedere per il proprio ufficio l’esenzione fiscale, beneficio in precedenza concesso a quei rep. office il cui headquarter fosse impegnato in attività produttiva o di vendita interna sul mercato cinese. Le legge vigente impone anche per gli uffici di rappresentanza rendicontazione contabile a tutti gli effetti, con dichiarazione effettuata 15 giorni prima della chiusura del trimestre.

E’ indubbio che la FICE debba sostenere un regime di tassazione più ampio e che solo l’imposta sul profitto societario (CIT) raggiunge il 25%, ma industrie che operano nel settore dell’alta tecnologia, nella ricerca e nell’ambito energetico per esempio godono di grandi agevolazioni fiscali e incentivi da parte del governo. 

La spinta giocata dall’EXPO, poi, nel configurare mercati quali Shanghai per esempio, come terreno utile a introdurre un investimento straniero in una prospettiva maggiormente soppesata e controllata, fa sì che le FICE trovino in qualche modo una cornice di mercato solida e più cosciente su cui operare, dove rigore e maturazione imposte da parte del sistema rappresenteranno la tappa utile per valorizzare un investimento "di alto livello" in termini di qualità e consolidamento nelle relazioni con società cinesi, oggi maggiormente sensibili a confrontarsi con interlocutori realmente operativi in Cina.

Paolo Cacciato

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